“Adesso è prioritario catturare l’evaso”, denuncia Donato Capece, segretario generale del SAPPE: “Ma la grave vicenda porta alla luce le priorità della sicurezza (spesso trascurate) con cui quotidianamente hanno a che fare le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria del carcere”. Capece punta il dito contro alcune riforme del passato che hanno destabilizzato il sistema e destrutturato la sicurezza nelle carceri.
“In primo luogo, lo smantellamento della sanità penitenziaria che consentiva una gestione “interna”, attraverso convenzioni stipulate tra amministrazione e medici, i quali garantivano una presenza costante e avevano una conoscenza dell’utenza che era fondamentale per una corretta e più adeguata gestione. Aver ricondotto tutto sotto la gestione della sanità pubblica e delle AUSL ha determinato notevoli disservizi e incapacità di avere una adeguata gestione interna”, spiega.
“Poi”, prosegue Capece, “la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, OPG, con una approssimativa istituzione delle REMS, i cui posti sono assolutamente insufficienti e, anche laddove ci sono, se si tratta di malati molto gravi, nessuno se ne vuole far carico. Inoltre, le REMS, accogliendo solo i prosciolti per infermità totale, o coloro nei quali l’infermità è sopravvenuta, lascia fuori tutta una serie di situazioni border line che prima, anche se per alcuni periodi, venivano curate negli OPG. Oggi, tutto questo disagio rimane in carcere, nelle sezioni detentive, sulle spalle del poliziotto penitenziario”.
Da quì l’appello del SAPPE per una revisione della legislazione penitenziaria sulla gestione dei detenuti psichiatrici e degli internati e della sanità penitenziaria più in generale.





















