Ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere, nell’interrogatorio davanti al pm di Milano Francesca De Tommasi, la psicologa di 58 anni, indagata assieme ad una collega per falso e favoreggiamento, perché, secondo l’accusa, avrebbe in sostanza aiutato, falsificando alcuni atti tra cui un test psicodiagnostico, Alessia Pifferi, a processo per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana, ad ottenere una perizia psichiatrica.
“Quello che mi sta accadendo lo vivo con angoscia e stupore allo stesso tempo. Sono affranta a e basita. Sono riusciti a spaventarmi e umiliarmi per motivi che fatico a comprendere”, scrive la professionista, assistita dal legale Mirko Mazzali e che per “30 anni” ha lavorato nelle carceri, in una lettera in cui chiede ai vertici dell’ospedale San Paolo e dell’Asst di trovare per lei “una alternativa”, perché non vuole più “lavorare all’interno di qualsiasi penitenziario”.
La perquisizione a suo carico dei giorni scorsi, aggiunge nella missiva-memoria depositata anche al pm, “che ha coinvolto la mia famiglia è una trauma personale”. E ancora: “Io sono innocente su tutta la linea”. E prosegue: “Credo che la verità verrà a galla”, parlando anche di “fortissimo dolore e annientamento”.
Nel pomeriggio sarà interrogata anche la collega, indagata in questo filone parallelo al processo assieme al legale di Pifferi, l’avvocato Alessia Pontenani. Intanto, come era già emerso giovedì scorso, il pm Rosaria Stagnaro, che rappresentava l’accusa nel processo con De Tommasi, ha deciso di rinunciare, con una comunicazione inviata al procuratore Marcello Viola, all’incarico non condividendo l’iniziativa del collega, che non l’avrebbe informata sulla tranche d’inchiesta aperta, su cui ad ogni modo non sarebbe stata d’accordo. E non potrebbe, ha fatto presente, nemmeno condividere le iniziative del pm nel processo.
Il pm De Tommasi, infatti, potrebbe chiedere all’avvocato di astenersi nella prossima udienza a marzo e sollevare la questione della falsità di alcuni atti, a seguito delle nuove indagini.