Non solo prostituzione. All’interno della Gintoneria di Milano, secondo gli inquirenti, sarebbe stato attivo anche un presunto giro di cocaina, con “rifornimenti” che variavano dai 10 ai 20 grammi per ogni serata. È uno dei dettagli emersi dalla chiusura del secondo filone investigativo che coinvolge sei persone, a margine dei patteggiamenti di fine ottobre di Davide Lacerenza – condannato a 4 anni e 8 mesi – e dell’ex compagna Stefania Nobile, figlia di Wanna Marchi, condannata a 3 anni. Entrambi erano stati arrestati lo scorso marzo e poi rimessi in libertà dopo alcuni mesi.
Il nuovo sviluppo riguarda la tranche conclusa dalla pm Francesca Crupi, sulla base delle indagini della Guardia di Finanza. Per due degli indagati, difesi dall’avvocato Gianmaria Fusetti, potrebbe ora profilarsi una richiesta di rinvio a giudizio per presunto spaccio di cocaina durante le serate organizzate nei locali di Lacerenza.
Una delle donne coinvolte è accusata di favoreggiamento personale per aver negato, durante gli interrogatori, di essersi prostituita con clienti del locale; un’altra, sempre per favoreggiamento, avrebbe omesso di riferire agli investigatori di aver ricevuto cocaina dallo stesso Lacerenza. Anche la madre dell’allora fidanzata del sessantenne, indagata a sua volta, avrebbe dichiarato che il cosiddetto ex “King” delle notti milanesi non forniva droga, affermazione che però sarebbe stata contraddetta da una conversazione intercettata agli atti.
Nel fascicolo compare anche la posizione di Davide Ariganello, ritenuto l’ex factotum di Lacerenza e difeso dall’avvocato Alessandro Cristofori: per lui vengono contestati alcuni episodi di favoreggiamento della prostituzione e cessione di stupefacenti già presenti nell’ordinanza di arresto emessa otto mesi fa. A questi si aggiungono quattro nuovi capi d’imputazione, sempre legati agli stessi reati.




















