Buoni propositi per la mente: come distinguere quelli che ti mettono pressione da quelli che ti fanno stare bene

Non obiettivi da rincorrere, ma scelte che durano nel tempo. La coach Alessandra Bitelli invita a ripensare (con 4 facili domande) li cambiamento come un percorso di benessere interiore, capace di portare soddisfazione e gratificazione reali

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Un cambiamento funziona quando non chiede di essere continuamente sostenuto, ma quando è lui a sostenere chi lo fa.

È da questa prospettiva che Alessandra Bitelli guarda ai buoni propositi per il 2026, proponendo di metterne a confronto due approcci molto diversi tra loro. Da qui prende forma una riflessione che sposta lo sguardo dai buoni propositi in sé al loro impatto nel tempo, a ciò che lasciano nelle giornate, nelle relazioni e nel modo in cui stiamo con noi stessi.

“Siamo cresciuti con l’idea che cambiare significhi stringere i denti e che un proposito valido debba richiedere disciplina costante, controllo e sacrificio. Questo modello però – specifica Alessandra Bitelli, coach e autrice de “Il primo romanzo utile del coaching” – produce cambiamenti fragili. Quando una scelta ha bisogno di essere continuamente sorvegliata, ricordata e difesa, consuma energia invece di generarne. L’effetto duraturo nasce quando il cambiamento diventa una forma di sostegno, non una fonte di ulteriore fatica”.

I PROPOSITI CHE METTONO PRESSIONE
Molti buoni propositi nascono da un’idea di correzione, per fare di più, controllarsi meglio, eliminare ciò che “non va”. Un approccio spesso guidato dal confronto con modelli ideali e irraggiungibili.
“Quando il cambiamento parte dal giudizio verso sè stessi si attiva una tensione continua. Anche i risultati ottenuti faticano a generare soddisfazione, perché l’asticella viene subito spostata più in alto. Questo meccanismo – osserva Bitelli – non costruisce benessere, ma una forma di insoddisfazione che logora nel tempo e rende ogni proposito una prova da superare”.

LE SCELTE CHE PRODUCONO UN EFFETTO DURATURO
Esiste però un altro modo di intendere il cambiamento, meno legato alla performance e più alla coerenza interna.
“Le scelte che funzionano davvero sono quelle che migliorano la vita senza chiederci di diventare una versione ideale di noi stessi. Un cambiamento è duraturo quando si integra nella quotidianità, quando rispetta i nostri tempi, i nostri limiti e le nostre risorse. In quel momento – continua Bitelli – smette di essere un obiettivo da raggiungere e diventa un modo naturale di stare al mondo”.

LA GRATIFICAZIONE COME BUSSOLA DEL CAMBIAMENTO
Un cambiamento che dura lascia segnali riconoscibili, non sotto forma di entusiasmo iniziale, ma come una sensazione di maggiore equilibrio, di minore attrito con la vita quotidiana. Diventa una gratificazione meno evidente, ma più stabile, che diventa una bussola per orientare le scelte.
“La gratificazione è spesso sottovalutata perché non coincide con il risultato immediato o con il riconoscimento esterno. In realtà è uno dei segnali più affidabili che un cambiamento sta funzionando. Quando una scelta ci fa sentire più allineati, meno in lotta con noi stessi, più capaci di abitare la nostra vita senza sforzo costante – sottolinea Bitelli –, allora sta producendo un effetto duraturo. Non è euforia, è coerenza. Ed è proprio questo che rende naturale continuare”.

DAL BENESSERE VISIBILE A QUELLO PROFONDO
Prendersi cura del corpo, dell’organizzazione o delle abitudini è importante, ma non sufficiente se non è accompagnato da un equilibrio interiore.
“Il rischio è confondere il benessere con il controllo. L’effetto duraturo nasce quando una scelta ci fa sentire più centrati, più coerenti, più in pace con noi stessi – prosegue Bitelli – perché è una sensazione meno appariscente dei risultati immediati, ma molto più stabile. Quando il cambiamento rafforza l’identità, non ha bisogno di essere difeso, perché resta”.

LE 4 DOMANDE PER CAPIRE SE STAI SCEGLIENDO I PROPOSITI GIUSTI PER TE
Per capire se un buon proposito è destinato a durare (più che chiedersi quanto impegno richiede) è utile fermarsi su poche domande chiave. Sono queste a fare la differenza tra un cambiamento che logora e uno che sostiene nel tempo.

“Il vero confronto non è con ciò che eravamo l’anno scorso, ma con come vogliamo sentirci nel tempo. Un proposito che pesa richiede controllo continuo, forza di volontà e una lotta quotidiana per essere mantenuto, mentre una scelta che funziona – conclude Bitelli – si integra nella vita di tutti i giorni e non chiede di essere continuamente riaffermata. Questo approccio può essere tradotto in alcune domande semplici, utili per capire se un proposito sostiene davvero nel tempo.

Alla fine della giornata, questo proposito mi toglie energia o me ne restituisce?

Segnale di pressione: arrivi stanco e irritato, con la sensazione di aver “tenuto duro” tutto il giorno solo per rispettare il proposito;

Segnale di benessere: ti senti magari stanco, ma non svuotato e hai la percezione di aver fatto qualcosa che ti ha sostenuto, non prosciugato;

Per mantenerlo devo sempre controllarmi oppure con il tempo diventa naturale?

Segnale di pressione: devi ricordartelo di continuo, controllarti, riprenderti se “sgarri”, con la paura costante di mollare;

Segnale di benessere: dopo un po’ smetti di pensarci perché il comportamento entra nella routine senza richiedere vigilanza continua;

Sta in piedi anche quando le giornate sono piene o complicate?

Segnale di pressione: appena la giornata si complica, il proposito salta e ti senti subito in colpa;

Segnale di benessere: anche nei giorni storti riesci ad adattarlo, ridimensionarlo o sospenderlo senza sentirti fallito;

Seguendolo mi sento più allineato a me stesso, o più spesso in difetto?

Segnale di pressione: hai spesso la sensazione di non fare mai abbastanza, anche quando ti impegni;

Segnale di benessere: ti senti più coerente con ciò che sei e con ciò che conta per te, anche senza risultati eclatanti.

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