I luoghi dove si è nati e cresciuti influenzano sempre le nostre vite, le nostre scelte e per gli artisti anche il modo di esprimersi e proporsi al mondo. Ecco i Monti Appalachi con la loro immensità, la loro natura selvaggia e quasi misteriosa, sicuramente hanno aiutato l’ispirazione e il talento di tantissimi artisti country, un country legatissimo alle radici, al bluegrass, a liriche di vita vera, di vita dura, tanto lavoro e amore per l’aria, per le foreste, per l’acqua. Ecco prendete tutto questo e mescolatelo alle esperienze di una giovane e talentuosa artista che suona da quando aveva 7 anni ed è arrivata a condividere il palco con Clint Park, Sunny Sweeney e Josh Morningstar. e avrete questo esordio discografico di Brandi Colt.
Una ragazza giovanissima che ha iniziato solo l’anno scorso il suo percorso musicale con l’uscita di due sin-goli che hanno cominciato a far girare il suo nome nei circuiti indipendenti che negli States funzionano come un volano indispensabile per iniziare una carriera : concerti nei club, social media e passaparola alla vecchia maniera.
Il disco appena uscito è composto da 9 pezzi ispirati, freschi e dal sapore così dolcemente vintage ma che non risulta mai vecchio o stantio, non c’è quella sgradevole sensazione di già sentito, di copia-incolla. Le influenze di Brandi sono chiarissime, c’è tanto bluegrass della sua terra, c’è l’amore per Dolly Parton e Le-Ann Womack ma anche quello per l’icona del country indipendente Cody Jinks e del suo amico Josh Morningstar e di Courtney Patton aggiunto a tanto talento di produzione propria.
Si perchè è giusto parlare di influenze e ispirazioni, ma bisogna sottolineare che la sua splendida voce canta ben 7 pezzi scritti da lei. Non sono pochi e possiamo notare già una maturità notevole di scrittura, aiutata dalla produzione pressoché perfetta di Andrew Crawford (che è anche co-autore e suona la chitarra, banjo e mandolino in tutti i brani) e dalla presenza di una band di professionisti di altissimo livello fra i quali vi segnalo la pedal-steel magica di Austin Tripp, già nei Tone Deaf Hippies (la band che accompagna Cody Jinks).
Il lavoro si apre solare, convincente con Sunny Day Hell, un brano che la splendida voce di Brandi Colt di-rige verso una classica ballata country, con in sottofondo lo splendido lavoro della chitarra di Crawford e dello scintillante talento di Tripp e della sua pedal-steel.
Il brano scritto per lei da Josh Morningstar (assieme a Jaida Dreyer), List Of Fools, è un piccolo gioiello malinconico di country d’altri tempi in cui il suono del violino di Sterling Waite è la classica ciliegina di una torta già di per sé deliziosa, ma che forse mancava di quel tocco country che solo un bel violino suonato come si deve riesce a dare. La voce poi di Brandi è miele puro per le orecchie, una di quelle voci adatte a qualsiasi stagione musicale, un dono davvero eccezionale di madre Natura che la nostra ha coltivato con un impegno e un talento non comuni.
La title-track è una dedica alla sua terra, scritta assieme a Mark Brinkmann, splendido intreccio fra voce, violino e banjo, ancoraggio alle radici fortissimo ma senza dimenticare un sapore moderno, un pezzo da a-scoltare seduti sotto un portico al tramonto mentre i tuoi occhi sono accecati dalla bellezza dei Monti Appa-lachi, si sogna è vero ma chiudete gli occhi e basta solo premere play e lasciarsi cullare da questa voce così bella ed evocativa e ditemi che la sensazione non è quella.
Il suono del banjo, una delle mie melodie country preferite, è una delle marce in più del disco (assieme alla voce) e lo si nota nella bellissima Love is a Wild Thing, una ballata dal sapore malinconico e intenso.
Intensità che sale nell’intro di Made My List, un pezzo che pare preso da una jam session con Cody Jinks, una band eccezionale al servizio di un brano bellissimo, cadenzato ed emozionante, chitarra e violino sugli scudi.
Splendida la cover di I’m so Lonesome I Could Cry di Hank Williams, che Brandi Colt canta in duetto con Andrew Crawford la cui voce è perfetta come contraltare della sua, un pezzo classico che più classico non si può (registrato per la prima volta nel 1949 dal mitico Hank). Resa giustizia ad un brano fantastico con un coraggio davvero notevole, non è da tutti in un esordio discografico scomodare i Santi e farlo convincendo e piacendo al primo colpo. Chapeau!
Un disco che in parecchi passaggi emoziona, in molti diverte e lascia la convinzione che questa giovane donna ha appena iniziato quella che sarà una carriera notevole, un lavoro senza riempitivi, con tanto talento che il passaparola farà certamente volare così come la sua presenza in tour di grandi artisti come il texano Creed Fisher o la fantastica band 49 Winchester. Qui in Italia non avremo a breve la fortuna di vedere un suo concerto ma vi consiglio di scoprirla se amate quelle voci che lasciano sempre qualcosa attaccato all’anima, una voce con un’anima country indipendente, una voce resa ancora più magica dal suo cuore degli Appalachi .
Claudio Trezzani by Trex Roads www.trexroads.altervista.org
(nel blog trovate la versione inglese di questo articolo a questo link : https://trexroads.altervista.org/appalachian-hearts-brandi-colt-2021-english/