Il mese di maggio, ricco di appuntamenti a Pontenuovo, dove si festeggerà il patrono San Giuseppe nei giorni 27 e 28, è iniziato con la visita guidata alla Canonica di Bernate nel pomeriggio di sabato scorso e proseguito l’indomani con quella alla Chiesa di San Giuseppe Lavoratore.
PONTENUOVO DI MAGENTA – Strutture religiose entrambe espressione della storia di questo territorio, l’una secolare, l’altra recente. Ognuna da considerarsi alla luce della cultura, nel senso antropologico del termine, di appartenenza. Don Davide, avviando la visita alla parrocchiale della frazione sul Naviglio, ha dato infatti rilievo “all’ambiente particolare in cui è stata voluta e costruita”.
Un luogo di lavoro e di vita, perché così fu concepito il Villaggio Saffa: la fabbrica, ma anche le case di chi vi prestava la propria opera, il nido, l’asilo, la scuola, le mense, il mercato, il cinema-teatro. E quando la chiesetta della Madonna del Buon Consiglio, eretta nei primi anni del ‘900, non basta ad accogliere tutti i residenti, ecco la volontà di costruire una casa del Signore ex-novo sul terreno di proprietà e a spese della azienda stessa.
La chiesa di Pontenuovo venne consacrata nel maggio del 1963 dall’allora cardinal Giovanni Battista Montini, poi Papa Paolo VI, ed elevata al rango di Parrocchia nel 1984 dal cardinal Carlo Maria Martini.
A questi nomi Illustri va affiancato quello dell’architetto milanese Giovanni Muzio – già responsabile della costruzione di altri edifici della medesima realtà industriale – sulle cui indicazioni il figlio disegnò la chiesa. E’ stato l’arch. Massimo Bollini a illustrare ai visitatori, intervenuti in buon numero, gli elementi architettonici esterni ed interni più significativi della struttura. Per citarne alcuni: “la pianta pentagonale irregolare che in alzato dà vita a un sistema di cinque solidi con coperture a falde, tra loro incastrati”, “il sistema costruttivo di ‘ossa e pelle’, principio base che Muzio adottava per rendere leggibile in modo chiaro la struttura portante, posta sotto il rivestimento della facciata”, l’uso innovativo del clinker, “materiale che l’architetto aveva conosciuto nel nord Europa”, la pianta centrale dell’edificio, la luminosità dovuta agli inserti vetrati e alla cromia dei materiali, le capriate a vista. Geometrie che si ripetono e si rincorrono come i tanti triangoli che “rimandano al mistero della Trinità”, ha chiosato don Davide.
Suo il compito di richiamare l’attenzione sul valore simbolico della bilancia e della palma raffigurate sul portale, che “ci parlano di San Giuseppe uomo giusto e virtuoso”, sulle scritte tratte dal discorso della montagna, sui mosaici a fianco all’altare, sui dipinti delle cappelle laterali, sulle formelle accanto all’organo di solito nascosto alla vista da un grande telo, sul crocifisso che sul retro ha, dipinta, una Madonna. I visitatori ascoltano, ricordano, guardano. Per quanto ci riguarda, una volta fuori, prima di allontanarci dal piazzale, rivolgiamo un nuovo sguardo, anzi uno sguardo nuovo alla chiesa, grazie a quanto ci è stato detto. E uno va anche alla piazza antistante dove riapparirà l’originale disegno a rombi, dopo la temporanea coloratura.