Alessia Pifferi era pienamente capace di intendere e volere quando abbandonò la figlia Diana a morire di stenti.
La Corte d’Assise d’Appello di Milano ha disposto una nuova perizia psichiatrica su richiesta della difesa: l’esito, al momento, continua a confermare l’ergastolo già inflitto in primo grado per omicidio volontario aggravato. Diana, di un anno e mezzo, morì nel luglio 2022 dopo essere stata lasciata soli in casa per sei giorni.
La perizia, affidata ai professionisti nominati dalla Corte, ha analizzato se Pifferi fosse affetta da patologie psichiatriche o da alterazioni cognitive tali da compromettere la capacità di intendere e volere al tempo dei fatti. Il processo di secondo grado prevede che la valutazione sia aggiornata: le conclusioni, già presentate dai periti, indicano la piena capacità di intendere e volere della donna al momento della tragedia.
I giudici hanno inoltre esaminato un possibile disturbo infantile che non avrebbe inciso sulla capacità cognitiva quarantaquattro anni dopo. L’udienza dell’appello è prevista per il 24 settembre, con gli avvocati della difesa, della pubblica accusa e dei parenti della vittima presenti in aula.
L’esame psichiatrico, che ha richiesto mesi di lavoro e consiste in colloqui in cella e test vari, è stato riassunto in un ampio fascicolo che sostiene la tesi della piena capacità di intendere e volere di Pifferi al momento dei fatti.
Possibili sviluppi: l’esito della perizia potrebbe influire sul “caso Pifferi bis”, relativo a presunte falsificazioni e manipolazioni di documenti nel processo originario, tra imputati tra cui la legale della donna, un suo consulente e alcune psicologhe di San Vittore. L’udienza per questo filone è prevista per l’11 settembre.