Per loro si era speso persino Gigi Di Maio (che aveva scelto Abbiategrasso e non altre città), ma il risultato è ampiamente sotto le attese della vigilia. L’analisi
ABBIATEGRASSO – “Questi casi spiegano perché le ragioni della sconfitta del M5s siano molto più profonde di quanto sembri. E hanno a che fare con l’organizzazione di un partito nato come movimento democratico dal basso, divenuto un partito verticistico e autoritario, inadatto a selezionare la classe dirigente a livello locale, senza un adeguato meccanismo di risoluzione dei conflitti interni. Fino ad ora la struttura partito con controllo da remoto è servita a conservare la purezza del movimento, a preservare l’immagine del brand di partito anti sistema, ma si è dimostrata inadatta a selezionare e formare una classe dirigente capace di governare”(Luciano Capone, Il Foglio, 13 giugno)
Potremmo anche finirla qui, dal momento che queste 10 righe 10 ci sono parse le più lucide, semplici e analitiche sull’atteso ma comunque clamoroso flop dei 5 Stelle in tutta Italia, dove da Genova a Palermo i pentastellati- mourinhanamente parlando- hanno collezionato una valanga di ‘zero tituli’. Ma ad Abbiategrasso serve un plus di riflessione, dal momento che non era un mistero per nessuno che molti accreditassero i grillini e Barbara De Angeli della vittoria o quanto meno del ballottaggio. E allora dove sono finiti i 3.749 voti raccolti dal M5s alle Politiche di 4 anni fa? Dissolti? Sicuramente molti, molti di più degli appena 1084 (con percentuale ben sotto il 10%) scaturiti dalle urne di domenica.
Eppure, nel momento della debacle (che fa male, a tutti, quando arriva), abbiamo letto un comunicato stampa nel quale la parola ERRORE e il minimo cenno di autocritica erano assenti. Segno che la lezione, evidentemente, non dev’essere servita granché. Perché l’8% significa che la narrazione grillina abbiatense, pur nutrendosi di entusiasmo e passione civile indiscusse, non paga. Non paga evidentemente l’atteggiamento del co-leader e capolista Med Moulish, 16 voti appena (pochini assai); non paga la narrazione di un ‘altrism0’, da tutto e da tutti, che evidentemente non può trovare fondamento in una città molto gelosa di sè, bella, ricca, opulenta anche se profondamente segnata dalla crisi economica. La città dove negli 8 anni di Angelo Ceretti si sono realizzate opere pubbliche per decine di miliardi di lire, dove Alberto Fossati nel 2007 inaugura un gioiello come l’Annunciata, dove i 5 anni di Roberto Albetti portano 30 milioni di euro all’ospedale e l’orgoglio del nuovo istituto Golgi.
Ma nel racconto grillino, di tutto questo non c’è stata traccia. Un altrismo, una contrapposizione dura e frontale, come nella serata sull’ospedale a pochi giorni dal voto, quando la De Angeli e Mouslih hanno interpretato fedelmente se stessi (e la lotta alla politica dei partiti) suscitando i sorrisi dei tanti abbiatensi presenti in sala, che sapevano benissimo dove stessero andando a parare con quell’atteggiamento.
Non funzione il grillismo e non funziona l’accanimento antipolitico, tanto che persino Lele Granziero- reo, secondo i grillini, di essere compartecipe degli ultimi 5 anni- prende quasi il doppio dei voti rispetto alla De Angeli: poco meno di 2.000.
Non basta Giggino Di Maio, non bastano i video di ‘Dibba’ sotto il Pirellone, non serve il comitato elettorale a due passi dallo scranno di piazza Marconi.
La spedizione grillina finisce con zero tituli e la prospettiva di una sana minoranza, 5 anni nei quali lorsignori potranno riflettere su toni, errori, scelte strategiche (ed umane).
Anche se chi scrive è un pasdaran della repubblica dei partiti, e un nostalgico della Prima, un consiglio ci permettiamo di darlo: qualche corso di lingua italiana ai fan del gruppo, dal momento che “Hanno vinto chi ha avuto in mano il potere in questi ultimi 30 anni povera Bia e povera italia” (commento apparso sulla pagina Facebook del Movimento) davvero non si può leggere..
Buona opposizione.
Fabrizio Provera