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Abbiategrasso: Hafez Haidar incanta l’Annunciata con le Mille e una Notte- di Silvano Brugnerotto

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ABBIATEGRASSO La storia del vecchio pescatore che ritrova nella sua rete il vaso contenente il genio sintetizza appieno l’incontro di venerdì 31 marzo 2023 con Hafez Haidar. Tenuto presso l’ex Convento dell’Annunciata, l’appuntamento faceva parte della rassegna “Umane connessioni”, serie di eventi organizzati e promossi dall’amministrazione comunale di Abbiategrasso sul tema, vastissimo e interessante, dell’emergenza educativa.

Hafez Haidar è un docente e scrittore di altissimo profilo: nato a Baalbeck, Libano, nel 1953, insegna presso l’Università di Pavia ed è Accademico emerito e Cavaliere Ufficiale della Repubblica Italiana. Candidato nel 2017 al premio Nobel per la Pace e nel 2018 a quello per la Letteratura, ha curato e tradotto i testi di Khalil Gibran e quelli de “Le mille e una notte”. Proprio questo libro, pubblicato da Mondadori nel 2001, è stato oggetto della serata: un lavoro di ricerca e traduzione talmente capillare e certosino da mettere a dura prova, come ha rivelato lo stesso autore, la sua resistenza e le sue energie mentali.

Le Mille e una notte è una raccolta di antichi racconti orientali entrati in parte nell’immaginario dell’occidente attraverso la trasmigrazione tecnica della “storia nella storia” nell’opera di grandi autori come Shakespeare e Pirandello e, successivamente, attraverso il cinema. Ciò che Hafez Haidar ha presentato al pubblico, tuttavia, non è stata una classica “conferenza sul tema” o una Lectio Magistralis; piuttosto si è trattato di una straordinaria opera di affabulazione che, attraverso un mix di emozionalità e ironia, ha preso per mano i presenti e li ha condotti in posti lontani ed esotici. E che, come tutti i grandi viaggi (Odissea docet) parla agli uomini d’oggi, ai loro sentimenti e alle loro inquietudini, ai loro sogni e al loro rapporto con la natura.

Il messaggio di questi affascinanti viaggi mentali risiede soprattutto nel dissentire dall’idea di una realtà appiattita sull’arido “qui ed ora” e di aprire alla necessità di una dimensione superiore, in cui la forza della fantasia può farci vivere non una, ma innumerevoli esistenze. Le Mille e una notte è uno di quei libri (come le avventure di Salgari, Guerra e Pace di Tolstoj o, diciamolo pure, il Kama Sutra) che tutti conoscono per nome e citano, ma che pochi hanno letto veramente. Hafez Haidar ci ha spiegato che i racconti di questo libro hanno una struttura a matrioska e che, come le bambole di tradizione russa, sono contenute l’una nell’altra. Ha sottolineato, Haidar, come le storie de Le mille e una notte si riverberano in opere lontane e successive: nelle favole del francese La Fontaine e nelle fiabe del danese Hans Christian Andersen, per esempio. Le diverse tradizioni alla base di questi racconti (persiana, egiziana e indiana) tessono la trama di un ordito di riconciliazione e di pace. La narrazione che la regina Shahrazad offre al suo sposo si dilata progressivamente in situazioni e avvenimenti sempre nuovi, affrancandosi dallo spazio e dal tempo unitari e introducendo il lettore in una fantastica dimensione atemporale. Con un obiettivo, da parte di Shahrazad, ben preciso: lenire lentamente, notte dopo notte, mediante il potere della parola, la ferita morale del suo sposo. Il Re persiano Shahriyar, avendo subito l’esperienza del tradimento della sua prima moglie, aveva infatti deciso di prendere in sposa una donna diversa ogni giorno e di ucciderla ogni notte, in una sorta di vendetta infinita a discapito dei princìpi di giustizia e razionalità.

Questi racconti, come nella moderna tecnica delle fiction che sospende la narrazione per rimandarla “alla prossima puntata”, intrattengono il Re notte dopo notte, finché al termine dell’ultimo racconto trovano una persona modificata nell’animo, un Re riconciliato col mondo e con sé stesso che decide di porre fine al suo folle proposito di vendetta fino alla prefigurazione del “vissero felici e contenti”. Ed ecco, ci dice Hafez Haidar, l’identificazione del principio primo, dell’elemento necessario alla nostra contemporaneità lacerata: il valore della Parola quale costruttore di pace. Generato da un’intelligenza benigna (di una donna, si noti bene) il potere della parola trasmuta l’anima offesa del Re Shahriyar e, mutuato nell’oggi, potrebbe trasmutare gli animi dei nostri governanti fino a contemplare, finalmente, una politica di pace globale.

Anche noi che abbiamo assistito all’incontro con Hafez Haidar in una mite serata di marzo abbiamo subito una trasmutazione. Col fascino dell’affabulazione densa di racconti, di ironia e di aneddoti personali, Hafez Haidar non si è limitato a descrivere le Mille una notte spiegandocene il valore letterario, ma ha stimolato un nostro cambiamento, un piacere quasi fisico nell’apprendere cose nuove e nel sentirci intimamente migliorati per mezzo di un’esperienza culturale. Come il vecchio pescatore di uno dei racconti de Le mille e una notte, Hafez Haidar ha gettato le reti nelle coscienze di chi lo ascoltava e ha portato in superficie la loro parte migliore. Perché il genio, quello in grado di esaudire i desideri e di migliorare le nostre vite, non è racchiuso nel vaso sigillato da Re Salomone, ma nelle nostre menti e nei nostri cuori.

Silvano Brugnerotto
Docente di Storia dell’Arte presso il Liceo Bachelet di Abbiategrasso

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