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Abbiategrasso: 50 anni di The Dark Side of the Moon rivisitati dall’ensemble Maffeis Lab per un sabato magico, in Annunciata- di Alessandra Branca

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Il 1° marzo di 50 anni fa la release di uno degli album che hanno fatto la storia della musica “pop” moderna. Maffeis Lab, sabato scorso, lo ha ripercorso in maniera creativa e… classica!
Us… and them ! (“noi e loro”)

Per la serata all’Annunciata (ex convento) di Abbiategrasso, sabato 25 febbraio, è stato scelto questo titolo. Il titolo del progetto di Maffeis Lab sul mitico album che ha scritto ed innovato la storia della musica “pop-rock” (come è difficile ed inesatto dare queste etichette! le usiamo al solo scopo di “intendersi” a grandi linee, ndr). Una scelta artistica coraggiosa, ripagata dal TUTTO ESAURITO delle centinaia di persone che hanno stipato lo splendido complesso monumentale quattrocentesco.

“Noi e Loro” : chissà a a quali noi ed a quali loro si riferissero i Pink, e chissà come ognuno dei dieci musicisti impegnati nell’esecuzione lo abbia declinato dentro di sè, magari proprio durante la serata, magari guardando dal piccolo palco allestito nella suggestiva ‘location’, con i suoi archi absidali, della Sala dell’Annunciata, lo spazio nel buio davanti a sé, il buio seminale dell’ascolto, della scomposizione della luce nel prisma…. In questo buio, molte e molte orecchie attendevano le note arrivare da quel punto di rifrazione e vi si adagiavano al passaggio. Con acustica naturale o tramite le cuffie note per la “silent disco” e la luce blu attorno ai padiglioni auricolari.

“Noi” potevano essere i musicisti e “loro” la platea, il pubblico. O viceversa: che importa avere una riga certa, quando invece l’essere è fluido? Eppure la realtà ci sollecita spesso, a volte nel bene a volte nel meno bene, un confronto “io – tu”, “noi – loro”.

Luci blu nel mare della notte, nel buio primigenio, ove la vita si può ri-generare oppure perdere o perdersi.

Di certo l’album più famoso della storia “pop-rock” nasce da molto buio e da molti concerti.

“Noi e loro” per i Floyd poteva essere benissimo il confronto tra la propria soggettività individuale e la nuova soggettività collettiva che si crea durante un concerto, tanti concerti. Tanti quanti furono quelli tra gli anni 1971, anno in cui la band cominciò a scrivere questi 10 pezzi capolavoro, ed il 1973, anno in cui venne alla fine registrato in studio al termine di un tour di due anni durante il quale, in mezzo al quale (in questo mare di musica, viaggio, gente, fusione dal palco) il “concept album” fu concepito e lavorato.

“Noi e loro” può anche riferirsi al “noi” dell’ensemble di fronte al “loro” che sono stati i quattro Floyds. Giganti, titani; meglio: quattro giovani uomini alle prese con la musica del tempo, e la volontà individuale di declinarla secondo il proprio sentire e gusto estetico. Rinnovandola.

“The dark side of the moon” è un album “capitale” non soltanto per le decine di milioni di vendite, perpetuate in 50 anni di longevità; lo è principalmente per le innovazioni tecniche di emissione di suoni e registrazione. Per il mix così perfetto tra la novità dei campionamenti (di materiali non soltanto musicali), l’elettronica e, guarda un po’, un pianoforte classico che, alla traccia 7 (“Us & Them”, per l’appunto), ci porta via dal buio (cosmico o delle city del denaro – “Money”, traccia n. 6) a bordo di un arioso tappeto sonoro alimentato, per un decollo da tramonti rosacei, da un sax disteso e caldo.

Us & Them – progetto su Dark Side of The Moon del collettivo “Maffeis Lab” – arrangiamenti e direzione di Michele Fagnani.

Katya Villa (flauto traverso), Federica Barreca (violino), Giorgio Medici (violino), Gigi Midali (clarinetto e clarinetto basso), Carlo Mainardi (violoncello), Nicola Arata (Contrabbasso), Maddalena Miramonti (pianoforte), Alessandro Rossi (batteria), Dario Rallo (chitarra) e Michele Fagnani (direttore e chitarra).

 

Maffeis Lab nasce come prolungamento delle esperienze di insegnamento alle scuole medie primarie di Abbiategrasso ad indirizzo musicale, dal 2014. Ragazzi che, entrando a contatto con la meraviglia della musica, vogliono continuare nell’apprendimento e nella formazione musicale, non necessariamente in vista di un Conservatorio (ma anche!): per il piacere, l’attitudine, la bellezza e l’arricchimento (anche nelle sinapsi!) che la capacità di suonare uno strumento dona alla persona, a qualunque età.

Viviamo in una epoca (finalmente!) multi-esperienziale e oggi come oggi i curricula sono costituiti anche da attività extrascolastiche in cui ognuno possa far fiorire talenti ed inclinazioni personali. Realtà creative e formative di questo genere sono da incoraggiare e diffondere, abbiamo tutti da guadagnarne.

Un esempio di come una buona idea possa divenire un buon progetto collettivo con ricadute positive sulla società intorno, lo abbiamo avuto appunto sabato scorso. “La classica incontra il pop elettronico dei Pink Floyd”, potrebbe essere un titolo tra tanti.

Sala piena, gente in attesa di sapere se qualche posto rimanesse libero per avere il biglietto, lucine blu, silenzio e suoni. Pubblico rilassato e felice in uscita. In altre parole: funziona!

Questo procedimento come a ritroso, di un ormai “classico” del pop re-interpretato e riscoperto (a distanza ormai di decenni, essendo noi da qualche tempo nel XXI secolo…) grazie agli “strumenti” della “classica”, è fortunatamente invalso da qualche tempo negli ambienti più rappresentativi della formazione e fruizione musicale. Progetti “pilota” di pochi anni orsono divenuti immancabili appuntamenti di stagione grazie al palese gradimento del pubblico metropolitano.

Dunque, se si fa parte di un laboratorio musicale classico, anche qui da noi, alle porte della metropoli, perché non cimentarsi? Fare musica (e farla ascoltare) è in fondo un mestiere creativo ed artigianale, da sempre, la cui metodologia, tipicamente “Lab”, si fonda su una capacità ludica, associata a quella tecnica.

Un bel viaggio, attraverso le dieci tracce, introdotto e concluso da suggestioni lunari (Dark Side si conclude con Eclipse alla traccia 10): in apertura con l’esibizione di una allieva di Maffeis Lab al pianoforte alle prese con Clair de la Lune di Beethoven; al termine, un Debussy lunaire: la parte scura e la parte “chiara” della luna; il “pop elettronico” inventato da Waters, Wright, Mason e Gilmour e la classica che più classica non si può! Forse non tutti ci avevano pensato prima, ma, in fondo, i nostri quattro eroi “british” avevano già creato – per negazione, nel senso di negativo fotografico – questa dialettica con il tema più classico di musica, letteratura, danza, teatro… il rapporto con l’astro della notte è, da sempre, la rappresentazione stessa, archetipica, della poesia !

Il maestro Michele Fagnani, cui si deve il ‘riarrangiamento’ del capolavoro floydiano

E in mezzo ? La traversata in un mediterraneo sognante, verso i lidi sinfonici di una europa culla musicale degli “archi” e del pianoforte; “da camera”. Ed eccoci là, nella Sala antica dell’Annunciata.

La scelta di arrangiamento di Fagnani (costruita con i musicisti dell’ensemble), non tradisce, a nostro avviso, lo spirito del “disco”;una straordinaria miscellanea di generi, di rimandi, di note, persino quella milonga (come ci ha rivelato Michele dopo il concerto) capace di evocare (ed evocarci) la mistica versione di Paolo Conte e il rimando all’evocativo incanto di Atahualpa Yupanqui (Héctor Roberto Chavero Aramburo, 1908-1992), forse il più grande cantante folk argentino cui Alla prese con una verde Milonga è idealmente dedicata.

I Floyd ricercavano nel nuovo dell’elettronica e della campionatura, distinguendosi dalle sperimentazioni di altre formazioni (più propriamente “rock” di quei tempi, gli anni Settanta) le quali invece, sulla scorta degli Anni Sessanta e del folk-rock, spesso impreziosivano albums e concerti di sessioni acustiche fino ad arrivare a stornelli vagamente medievali (venne anche il tempo del rock-progressive…). Quasi ripercorrendo a ritroso le venature dei tempi.

 

Curiosi risvolti di questo scambio di ruoli tra musica “classica” e “il classico” rappresentato dall’album della band britannica. “Noi e loro” : quale il “classico” e quale “il moderno” ? Da sempre dibattito estetico-filosofico per eccellenza, forse una chiusura del cerchio nella nuova contemporaneità ? Ma, in fondo, la contaminazione, la “fluidità”, non sono da sempre la cifra dell’arte umana?

Non abbiamo altro da aggiungere, anzi forse abbiamo anche blaterato da non-specialisti. Ma, come dire, “impressioni di 1°marzo” su una serata davvero riuscita. Un incontro di generazioni e stili musicali che ha reso felici tutti gli astanti. Che fossero “us” o che fossero “them”.

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Alessandra Branca ©2023

Alcune delle foto sono tratte dalla pagina Facebook di Maffeis Lab

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