Delitto di Garlasco: venerdì nuovo riesame su sequestro pc e telefoni dell’ex procuratore Venditti

Secondo l'avvocato Aiello oltre a non esserci i gravi indizi della corruzione i pm di Brescia non stanno usando le perquisizioni come "mezzo di ricerca della prova" ma come "mezzo di ricerca del reato"

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Il Tribunale del riesame di Brescia ha fissato per venerdì 14 novembre l’udienza nel terzo ricorso intentato dall’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, contro il sequestro di pc e telefoni con l’accusa di essere stato corrotto da Giuseppe Sempio con “20-30mila euro” nel 2017 per “favorire” il figlio, Andrea Sempio, nella prima inchiesta che lo ha riguardato sul delitto di Garlasco, chiusa con l’archiviazione dall’accusa di aver ucciso Chiara Poggi il 13 agosto 2007.

Venditti, che ha già visto annullare parzialmente il decreto di sequestro dei dispositivi informatici del 26 settembre (sempre per Garlasco) e totalmente quello del 9 ottobre (per l’inchiesta sul ‘sistema Pavia’), è stato raggiunto il 24 ottobre da un terzo sequestro disposto dalla pm di Brescia, Claudia Moregola, con il Procuratore Francesco Prete con la motivazione che è necessario indagare le “modalità di svolgimento delle indagini” a carico di Sempio, i “rapporti” tra pm e polizia giudiziaria con la famiglia del 37enne di Voghera o con i loro “avvocati”, i “consulenti tecnici” e i “canali di monetizzazione del denaro”.

Per cui, ritiene la Procura, è “indispensabile” effettuare una “integrale copia forense” dei dispositivi almeno a partire dal “luglio 2014”, cioè 3 anni prima di quando sarebbe avvenuta la presunta corruzione. Non sarebbe possibile, hanno scritto, usare “chiavi di ricerca” per effettuare una “selezione mirata” e non invasiva “delle informazioni utili ai fini delle indagini”, sia per la quantità dei soggetti coinvolti nel ‘caso’, sia perché l’utilizzo di “parole chiave” non permette di risalire a “immagini di atti del procedimento”, di “soldi” o “incontri”, “rapporti personali” né individuare il “linguaggio criptico o allusivo” come “nomignoli o abbreviazioni” in genere utilizzato per trattare “argomenti illeciti”.

Un’impostazione che viene pesantemente criticata dall’avvocato Domenico Aiello, difensore del magistrato in pensione.
Secondo Aiello oltre a non esserci i gravi indizi della corruzione i pm di Brescia non stanno usando le perquisizioni come “mezzo di ricerca della prova” ma come “mezzo di ricerca del reato” violando la giurisprudenza di Cassazione che impedisce la ricerche cosiddette ‘a strascico’ su archi temporali così lunghi e indefiniti e senza specificare l’oggetto della ricerca.

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