Neffa è tornato, 30 anni dopo. Potente amarcord, al Forum di Assago

La recensione di Teo Parini

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Quando, con già due ore di concerto alle spalle, Dj Double S ha fatto uscire dai piatti il beat marcio, iconico e inconfondibile di “Cani sciolti ” – l’inno generazionale di quelli cresciuti scambiando mixtape alle jam agli albori dei Novanta – per una buona parte dei presenti è stato un back in the days piuttosto scioccante, un pugno al plesso solare. Come può esserlo assistere a qualcosa che si pensava sepolto, più dalla nostalgia che dal tempo, e che invece si palesa a difese abbassate.

Di acqua sotto i ponti, dai giorni di “Senti come suona”, ne è passata davvero tanta, in un mondo che oggi non somiglia nemmeno un po’ a quello di allora, perché mutato in peggio. Tuttavia, ciò non ha impedito che il Forum di Assago fosse pieno per celebrare il ritorno alle origini – o quasi – del più formidabile rapper emerso dall’opulenza artistica della Golden Age italiana. Anni di lire in tasca, pantaloni oversize, throw-up sgargianti in ferrovia e walkman al suo volume massimo.

Neffa, in un certo senso, lo si era perso di vista ormai due decadi fa, quando decise di esplorare fortune musicali meno affini a quelle edificate sui quattro quarti. Ora ha evidentemente smesso di essere il ragazzo con il cappellino calato sugli occhi e l’aria insopportabile di chi sa fin troppo bene di essere investito da una forma di talento purissima e, così, il Giovanni del nuovo millennio è un uomo caleidoscopico che corre verso i sessanta e che si è tolto ogni genere di soddisfazione facendo musica ogni volta diversa ma senza mai perdere in genialità.

Anche nella scelta, per molti dolorosa, di concedersi a una fetta di pubblico assai più ampia di quanto non delimitasse il rap dei pionieri. Perché la musica, detto a beneficio dei più intransigenti in quanto a ortodossia, non è una questione di genere, bensì di qualità. Quella che Neffa potrebbe assicurare financo leggendo l’elenco del telefono.

Qualche mese fa, un album realizzato in due parti temporalmente successive ha sancito il suo virtuale ritorno a casa. L’idea di fondo era interessante: misurarsi con le nuove leve di parolieri, con chi, salvo eccezioni, a metà degli anni Novanta non era nemmeno ancora nato. Featuring a gogò, dunque, in una sequela di pezzi aperti da Neffa e chiusi da ospiti accuratamente selezionati — a volte all’altezza, altre meno — comunque spinti ad alzare l’asticella da un Neffa, e non deve stupire, in versione più criptica, alla Chicopisco, che open, alla 107 elementi. Per chi sa a cosa si allude. Ospiti accorsi al Forum per rendere omaggio al Maestro – oggi lo chiamano così, e come dargli torto – in una serata musicale dal peso specifico del piombo. Uno scontro generazionale fatto di soli vincitori che è pedagogia musicale: Neffa contro tutti, ma tutti pendono dalle sue labbra e non ne fanno mistero.

Vecchi califfi, vecchi amici, vecchi abbracci. Perché va bene la gioventù, ma sul palco ha voluto con sé anche parte di quella squadra di Globetrotters che ha condiviso la medesima parabola artistica e umana. La presenza di Kaos One, di Al Castellana, di Giuliano Palma, di un emozionatissimo Deda, allora, ha ricordato il perché si è cresciuti così e con certi riferimenti piuttosto che in un’altra maniera. Il perché, con più rughe e meno capelli, un palazzetto stracolmo ha risposto presente alla chiamata per un viaggio a ritroso con la macchina del tempo.

Scenografia impeccabile, band da primi della classe e scaletta un po’ ruffiana, ma con tutto ciò che avrebbe dovuto esserci e che infatti c’è stato. Neffa, imprendibile e imprevedibile per desossiribonucleico, ha rimesso ogni cosa al suo posto con una serata costruita con attenzione certosina per i dettagli, il suo marchio di fabbrica. Il tutto foriero di un messaggio urbi et orbi: il metro di paragone, qualora si tratti di stile, competenza musicale, fantasia e padronanza metrica, è sempre lui.

Anti-frontman scazzato per antonomasia, dal quale, per le bizzarre leggi della chimica, è impossibile distogliere l’attenzione, Neffa ha tenuto a sfoderare tutto l’arsenale a disposizione per rassicurare i presenti in merito all’inviolabilità di un principio identitario: la musica, come la vita della quale è meraviglioso paradigma, fa sempre grandi giri per poi convergere inesorabilmente proprio nel punto in cui tutto è partito. Trent’anni fa, nello specifico, e in mezzo a tante mani alzate a battere il tempo sembra davvero ieri.

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