Serata di follia, lunedì, nel carcere minorile Beccaria di Milano. “Verso le 20 circa, cinque minori si sono rifiutati di entrare in cella perché volevano le sigarette”, spiega Alfonso Greco, segretario per la Lombardia del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. “Dopo una fase di negoziazione, verso le 21 quattro di loro hanno distrutto le parti comuni di una Sezione, comprese luci e telecamere, e poi due celle, dove i due più violenti erano stati ristretti dopo l’intervento. Alle 23 i colleghi, compresi quelli intervenuti fuori servizio, coordinati dal comandante in carica, hanno riportato l’istituto alla calma. È stato fondamentale anche l’apporto del personale in missione, più esperto, data la giovane età dei colleghi assegnati dagli ultimi 3 corsi, praticamente il 90% del personale a turno”, prosegue il sindacalista. “Gran parte dei colleghi si sono dovuti far refertare perché, nonostante l’intervento ben riuscito, i quattro si erano armati di mattonelle divelte e pezzi dei suppellettili distrutti”, continua Greco. Che è amaro nelle sue conclusioni: “Puntualmente aumentano i numeri dei ristretti e iniziano i disordini. Si auspica che il Dipartimento della Giustizia minorile e di comunità tenga in forte considerazione la questione della capienza e degli spazi reali presso l’istituto penale Beccaria di Milano”.
“Negli ultimi anni è successo spesso: dici carcere minorile e il pensiero va alle scene della fortunata fiction Mare Fuori, ai suoi protagonisti e alle loro storie di amicizia e amore, di rimorsi e voglia di riscatto. Ma la realtà e che quella è soltanto la trama di un film e la realtà incrocia quotidianamente le storie, vere e drammatiche, dei giovani detenuti e le criticità, ancora difficili da risolvere, del sistema penitenziario minorile. Il vero nodo, ultimamente, è la gestione di tanti detenuti stranieri, molti minori non accompagnati e con problemi psichiatrici”, commenta Donato Capece, segretario generale del SAPPE. “Va fatta, inevitabilmente, un’attenta analisi di quanto sta accadendo, nella giustizia minorile. Da molto, troppo tempo arrivano segnali preoccupanti dall’universo penitenziario minorile: E’ allora positivo che nel Decreto Caivano è stata prevista la possibilità di trasferire i soggetti dai 18 ai 25 e nel circuito degli adulti: parliamo di soggetti che, ad esempio, danno luogo ad aggressioni, sono incompatibili con il trattamento per i casi specifici dedicati ai minori, creano allarme all’interno degli istituti. Ma non avverrà a prescindere dalla volontà di questi detenuti. Quello però su cui occorre interrogarsi è sulle cause del forte aumento della devianza minorile: possono incidere modelli imitativi sbagliati, come certi testi estremi di canzoni: la giustizia minorile fa quello che può ma è l’ultimo anello. Opera su chi si è già comportato male. Prima ci sono due cardini che dovrebbero intervenire per prevenire la devianza: la famiglia e la scuola. E soprattutto la famiglia ha un ruolo fondamentale”.