Nel dibattito che in questi giorni ha animato opinione pubblica e mondo della scuola a seguito del protocollo d’intesa tra il Ministero dell’Istruzione e l’Associazione Nazionale Bersaglieri, interviene anche Marco Invernizzi, ex sindaco di Magenta, con un post sul suo profilo Facebook che invita alla riflessione e cerca di riportare la discussione su binari costruttivi.
Dopo aver letto sia il testo dell’accordo sia la lettera dei docenti del Liceo Bramante – che avevano espresso riserve sull’iniziativa – Invernizzi chiarisce subito che, al di là delle strumentalizzazioni politiche, la questione merita attenzione seria e priva di pregiudizi.
Due piani distinti, due idealità legittime
Secondo Invernizzi, il punto centrale è comprendere che l’identità e la missione dell’Associazione Bersaglieri nascono da un contesto culturale e ideale ben definito: quello della difesa, del coraggio, del senso del dovere in tempo di conflitto. Valori che meritano rispetto e riconoscimento.
La scuola pubblica, tuttavia, persegue finalità diverse: formare cittadini consapevoli, promuovere la convivenza civile e l’educazione alla pace. Non si tratta, dunque, di negare valore o dignità ai Bersaglieri, ma di domandarsi se un protocollo con questa Associazione sia lo strumento più adatto per raggiungere gli obiettivi educativi che la scuola si è data.
Una questione di metodo, non di merito
È qui che la posizione dei docenti del Liceo Bramante si fa, a giudizio di Invernizzi, pienamente condivisibile: non si critica l’Associazione in sé, bensì la coerenza tra il mezzo e il fine educativo. Come scrive l’ex sindaco, sarebbe come invitare Medici Senza Frontiere a una scuola militare: organizzazione meritoria, ma forse non funzionale al tipo di formazione previsto in quel contesto.
Evitiamo la polarizzazione
L’ex primo cittadino invita anche a non cadere nella trappola della contrapposizione ideologica. Non è divisivo interrogarsi sugli strumenti educativi, anzi: è parte integrante del ruolo della scuola. Definire questa riflessione come “divisiva” – afferma – è un modo scorretto di fare politica, che rischia di utilizzare sia la scuola che i Bersaglieri come strumenti in una logica di contrapposizione, anziché come soggetti da rispettare ciascuno nel proprio ambito.
Una riflessione educativa e politica
Invernizzi conclude con un esempio personale: durante il suo mandato istituì il Consiglio Comunale dei Ragazzi, poi smantellato dalla giunta successiva. Scelta politica, legittima, ma non per questo ostile ai ragazzi. Allo stesso modo, firmare o criticare un protocollo come quello con i Bersaglieri è un atto politico che dovrebbe però evitare derive strumentali.
Il messaggio finale è chiaro: serve rispetto per i diversi ruoli, per le istituzioni e per il confronto democratico. Solo così si può trasformare un dibattito acceso in un’occasione di crescita civile.