Caso Pifferi, il terribile dubbio della psicologa: quoziente intellettivo bassissimo

Ergastolo per la morte di Diana

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Il “dubbio atroce” che attanaglia la responsabile delle psicologhe di San Vittore quando le viene detto che Alessia Pifferi ha un quoziente intellettivo di 40.

“E’ la mia pianta che ha un QI di 40” ironizza una collega a cui chiede rassicurazioni. Oppure la richiesta di una “risposta istituzionale” del carcere di fronte alle “sempre più frequenti” richieste di “perizia psicologica” avanzate dagli avvocati dei detenuti e dalle “Camere penali” correndo il “rischio di ‘uscire dal ruolo” e trasformarsi da “terapeuta” a “perito” della difesa. Parte da lontano l’inchiesta ‘Pifferi bis’ della Procura di Milano con accuse di favoreggiamento e numerosi falsi alle legale della 39enne condannata all’ergastolo per l’omicidio della figlia Diana, Alessia Pontenani, il suo consulente psichiatrico, Marco Garbarini, e 5 psicologhe dell’Asst Santi Paolo e Carlo dell’Unità operativa di psicologia clinica nel settore penitenziario. L’indagine punta al presunto “piano” che l’accusa ritiene orchestrato dalla difesa Pifferi per sviare indagini e processo fingendo di essere “affetta da un ritardo mentale grave” per evitare almeno la pena massima” ma forse parla della “consuetudine” di “disporre perizia psichiatrica in tutti i casi che si connotino per ferocia, gratuità dell’efferatezza inumanità criminos”.

Parole prese in prestito dalla sentenza della Corte d’assise d’appello di Milano nel confermare la condanna all’ergastolo a Davide Fontana per l’omicidio di Carol Maltesi e che il pm Francesco De Tommasi pare aver letto quando deposita agli atti una mail del 14 dicembre 2020. Siamo 2 anni prima della morte per “stenti” della bimba di 18 mesi abbandonata una settimana in casa e 3 anni prima dei sospetti che porteranno alle perquisizioni del gennaio 2024 e all’inchiesta sulle psicologhe. Una professionista non indagata scrive al direttore della casa circondariale di Milano, Giacinto Siciliano, al dirigente sanitario Ruggero Giuliani e alla responsabile degli psicologi, Tiziana Valentini, per sapere come comportarsi di fronte alle richieste di “perizia psicologica” presentate dai legale.

Ricorda che gli psicologi delle “quattro carceri” la cui sanità penitenziaria dipende dall’Asst Santi Paolo e Carlo “non sono periti né della difesa, né dell’accusa, né del giudice” e che “sul piano pragmatico, il detenuto e la sua difesa hanno già a disposizione copia del diario clinico”.

“Posso avere come risultato della Wais (Test di Wais, somministrato a Pifferi il 28 aprile di quell’anno) un quoziente intellettivo basso, però se nell’osservazione clinica, se nel colloquio mi vedo la capacità di utilizzare quello che le dico o vedo che la paziente è capace di recepire quello che le restituisco mi pongo un problema: com’è che faccio a conciliarmi il 40 di QI con la capacità di recepimento? Io questo non riesco a metterlo insieme”. “Questa capacità di recepimento l’ha riscontrata?” le domanda il pm. “Purtroppo l’ho riscontrata” risponde la responsabile del servizio in una testimonianza a tratti emotiva. “Purtroppo per chi?”. “Voglio molto bene alle mie colleghe e mi dispiace molto per loro”. La professionista (estranea all’inchiesta) cita il suo “dubbio atroce” in una chat. “Mi sono detta: ‘avoco il caso'” ma “forse non sono stata abbastanza coraggiosa”. “Mi sono fidata”, conclude parlando di una delle indagate, della “persona che per me, e lo dico ancora, è la più esperta di tutti tra i 30 psicologi che abbiamo, 7 dirigenti e 23 consulenti”.

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