Per apprezzare realmente ciò che di straordinario sta accadendo in questo periodo storico tennistico serve probabilmente avere almeno una quarantina di primavere sulle spalle e una certa abitudine al pane duro. Perché a leggere certe analisi ci si rende conto che sono in troppi a non avere il polso della situazione. Troppi, infatti, quelli che danno per scontato l’eccezionale. Da Panatta in poi, urge ricordarlo, non solo è stato impossibile per decenni pensare di trovare due azzurri nei quarti di finale del più importante torneo al mondo, ma con ostriche e champagne si celebravano due match in fila vinti da un italiano in uno Slam. Una rarità, altro che duplice seconda settimana in Church Road. E non è che fossero scarsi i nostri. Perché i vari Camporese, Canè, Gaudenzi, Caratti, Pozzi, Furlan e tanti altri, erano realmente signori giocatori ma, per una somma di circostanze tra le quali una brutale concorrenza in un vertice della piramide debordante di campioni epocali, fare meglio era forse impossibile. Oggi, invece, sembra quasi che piazzare tra i migliori otto superstiti a Wimbledon due connazionali come Sinner e Musetti sia una sorta di minimo sindacale.
Jannik Sinner (oggi, dalle 14.30 su Sky Sport) è atteso da quel pazzoide di Daniil Medvedev che è ontologicamente un affare tennistico meno decifrabile di uno scritto in aramaico antico. Il russo è giocatore formidabile che ha il difetto, o il pregio in base ai punti di vista, di detestare tutto il genere umano e ogni superficie sotto ai suoi piedi che non sia il cemento. Se la terra battuta lo mette di malumore a livelli esagerati, non è che l’erba lo faccia sorridere più di tanto. Ma, essendo tennista straordinario, con un pizzico di buona sorte l’obiettivo minimo per uno del suo pedigree, i quarti di finale, lo ha timbrato. Non bisogna dimenticare che c’è stato un periodo nemmeno così remoto in cui Sinner sembrasse non trovare il modo di scalfire la regolarità certosina del moscovita che, infatti, era arrivato a sei successi consecutivi negli head-to-head, una sorta di bestia nera. Poi, le cose sono decisamente cambiate e l’attualità racconta di quanto sarebbe sorprendente oggi se riuscisse a insinuare più di qualche risolvibile dubbio nella mente dell’azzurro. Ciò non significa affatto una scampagnata ma che, qualora entrambi al meglio delle possibilità, l’azzurro sui prati vincerebbe nove volte su dieci. Prima di beneficiare del ritiro di Dimitrov, sono bastati Muller e Struff per complicare oltremodo la vita a Medvedev che, pertanto, qualora non trovasse il modo di alzare e non di poco l’asticella sarebbe a rischio stesa. Attenzione, però, Daniil è un campione ed è sempre salutare averlo ben stampato in mente. Perché l’orso, questa mattina, potrebbe essere sceso dal letto col piede giusto.
Lorenzo Musetti (giocherà domani contro Fritz, orario da definire) è al risultato più importante della carriera. Che sia depositario di un tennis da paradiso non è garanzia di nulla se non del senso di estasiato appagamento che lascia appiccicato sulla pelle di chi ha il privilegio di vederlo giocare. Folle come solo chi ha la genialità intagliata nelle molecole, non più tardi di qualche settimana fa lo si trovava impantanato nei Challenger per riassaporare un minimo della fiducia smarrita e non era raro perdesse contro gente che – detto con rispetto – non sembrava nemmeno facesse lo stesso sport. Ma nella disciplina che più diabolica non potrebbe essere, ciò che è valso ieri non è detto possa valere domani e, così, Lorenzo è tornato, senza che tutt’intorno cambiasse nulla, il Magnifico, proprio nel momento clou della stagione.
Prima la finale al Queen’s e ora i quarti ai Championships, tutto senza l’aiuto della terra battuta che, a quanto pare, non è più una condizione necessaria del carrarino. A contendergli l’accesso in semifinale sarà Taylor Fritz che a sorpresa, ma non troppa, ha estromesso Sascha Zverev, il recente finalista di Parigi. Lo statunitense è il tipico prodotto tennistico d’oltreoceano: gigante, servizio bomba, dritto devastante, mano ruvida come il porfido. Uno che diventa pericoloso se lasciato agire nella sua zona confortevole ma assai più docile se costretto ad esplorare gli evidenti limiti tecnici che lo accompagnano. Musetti, che ha la possibilità di giocare colpi tutti diversi per ore, per darsi una chance di successo è obbligato a scansare la battaglia dei muscoli che lo vedrebbe quasi certamente soccombere e a dare sfoggio di tutto il suo repertorio balistico. In altre parole, Lorenzo ha nelle corde la possibilità di mandarlo ai matti a suon di variazioni che Taylor farebbe una fatica bestiale a gestire. Bisogna essere onesti. Quando ti capita Fritz nel quarto di finale di Wimbledon significa sostanzialmente due cose: la fortuna è dalla tua parte e l’occasione dev’essere presa al volo, vivo o morto. Sarebbe meraviglioso vedere Musetti sfidare ancora una volta Djokovic, impensierito fino a spingerlo ad un palmo dalla sconfitta nell’ultimo Roland Garros, per l’approdo alla finalissima e, chissà, magari proprio contro Sinner.
Un passo alla volta. Comunque vada a finire, quello che abbiamo davanti agli occhi è già da ora incredibilmebte straordinario, anzi di più.