Altra giornata storica per il tennis italiano, ormai non si contano più. Almeno due le prime assolute di questa domenica di gloria. La prima: tripla finale su erba in contemporanea per due singolaristi azzurri, con Sinner ad Halle e Musetti al Queen’s, più la coppia di doppio Bolelli-Vavassori, sempre in Germania. La seconda: l’altoatesino diventa il primo azzurro di sempre a vincere almeno un torneo del circuito maggiore su tutte le superfici. Gli mancava l’erba, lacuna colmata. Non ci riuscirono né Pietrangeli, ma era un altro sport, né Panatta, già Era open, tanto per sottolineare l’eccezionalità dell’impresa del numero uno al mondo che, inoltre, si aggiunge ad un gruppo davvero ristretto di fuoriclasse capaci di vincere il primo torneo disputato da primo della classe. Tanto per dirne una, Federer mancò quel traguardo.
Probabilmente di record abbattuti sui prati verdi ce sono altri, molto più significativo, al di là dei numeri, constatare il livello generale del movimento azzurro che trova con impressionante regolarità il modo di essere protagonista ogni settimana e con tanti attori differenti. Numerosità che certifica lo stato di salute di una nazione, perché se è vero che uno come Sinner è uno sfacciato colpo di fortuna, come quelle volte in cui madre natura sceglie di far nascere un fenomeno alle tue latitudini, costruire un gruppo nutrito di atleti di vertice è sintomo del buon lavoro svolto. E gli azzurri che portano a casa la pagnotta sono tanti e pure giovani. Lontani i tempi del pane duro nei quali un buon risultato strappato con le unghie in qualche torneo minore e in località appena abbozzate sulle cartine geografiche veniva salutato con incredulità. l’Italia, adesso, è la nazione di riferimento del tennis mondiale. Chi l’avrebbe mai detto.
Per tornare alle finali di ieri, ai successi di Sinner sull’amico nonché compagno di doppio Hurkacz, uno che a tennis sa giocare davvero bene, e del tandem Bolelli-Vavassori contro i temibili Puetz-Krawietz, si aggiunge purtroppo la sconfitta di Musetti, colui che aveva piu necessità di tornare a sollevare un trofeo per mettere la parola fine ad un periodo non proprio gratificante in termini di risultati. Perdere contro Tommy Paul, numero uno degli States e giocatore che punta deciso alla Top Ten, non è certo un dramma checché ne dicano troppi presunti addetti ai lavori, ma aver regalato senza combattere il primo set, e a Lorenzo capita spesso di entrare in partita in ritardo, e l’aver disputato un brutto tue-break a chiusura del secondo parziale, sono aspetti che si portano in dote un pizzico di delusione. Il lato positivo è quello di constatare che il buon Roland Garros disputato dal carrarino ha avuto un seguito sulla superficie che ad oggi gli aveva riservato poche soddisfazioni. Ciò non significa aver ritrovato il Musetti capace di impallinare Alcaraz e Djokovic ma almeno di essersi scordati la versione tremebonda di inizio primavera. Il giocatore che annaspava nelle paludi dei Challenger e che finiva per perdere con avversari contro i quali avrebbe dovuto vincere con le mani legate dietro la schiena. Auspicabile iniezione di fiducia in vista di Wimbledon e, soprattutto, del torneo olimpico da disputare sulla più congeniale terra parigina.
Sinner, già che si è in vena di fare le pulci ai nostri, non ha vissuto la settimana migliore della sua vita ma la differenza tra un campione e un buon giocatore è proprio quella di vincere anche quando il motore non è del tutto registrato. Il 7-6 periodico di ieri con il quale ha regolato Hurkacz, unito alla fatica bestiale per disporre di Griekspoor e Struff nel corso del torneo, testimonia il periodo di rodaggio sull’erba dove è lecito attendersi un salto deciso di qualità per i Championships alle porte, quando gli avversari, da Alcaraz in giù, avranno tutto un altro peso specifico. Tornando al doppio, Bolelli – una carriera da singolarista dal braccio d’oro e la testa così così – a guardare i numeri dev’essere considerato uno dei doppisti azzurri più performanti di sempre, con tre finali disputate nei tornei dello Slam, delle quali una vittoriosa, e diversi altri successi. La sua è una seconda giovinezza e il sodalizio con Vavassori, il Rafter d’Italia, è una delle sorprese più interessanti di casa nostra. Vavassori, peraltro, a tennis gioca assai bene e in quanto a dimestichezza nei pressi della rete prende paga da pochissimi colleghi. Gran volleatore il Wave, da questa mattina il nuovo numero dieci della classifica mondiale di specialità, sempre parlando di record.
Adesso, per gli azzurri testa (e cuore) a Wimbledon, perché nei pressi di Church Road potrebbero verificarsi situazioni alquanto interessanti. Nell’attesa di fare la conta dei partecipanti, sperando che qualche qualificato si aggiunga ai tanti già presenti per diritto di ranking, una riflessione decisamente nostalgica è d’obbligo. Quest’anno, il torneo più iconico al mondo non vedrà al via nessuno dei Big Three che hanno cannibalizzato l’ultimo ventennio in una rivalità a tre che è leggenda tennistica. Con Federer papà a tempo pieno da ormai due anni, Djokovic con un ginocchio operato di recente e Nadal che nemmeno sa più da che parte cominciare per rimettere in sesto un fisico dilaniato da mille battaglie, si può tranquillamente certificare l’avvento di una nuova era. L’auspicio è che Alcaraz e Sinner, con l’aggiunta di chi saprà aggiungersi, possano farci scordare in fretta le meraviglie dei loro predecessori. La strada sembra essere quella giusta.