Italrugby, a un passo dalla storia contro la perfida Albione.. Di Teo Parini

Dopo Italia Inghilterra, partita d'esordio del Sei Nazioni

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Una maledizione e quel centesimo che manca sempre per fare una Lira. Difficile, a valle di una partita del genere, decidersi sul bicchiere, se mezzo vuoto o mezzo pieno. Intendiamoci, chiunque dotato di buon senso rugbistico avrebbe messo la firma per vedere disputare dagli azzurri la miglior partita di sempre contro gli inglesi, per fare una meta più di loro, strappargli il punto di bonus difensivo e, ancora, di potersi permettere con la birra del terzo tempo in mano di essere rammaricati dall’esito finale. Contro gli inglesi, i terzi classificati dell’ultimo mondiale. Quindi bicchiere mezzo pieno.

Ad aver rivisto in campo Menoncello, futuro top player e forse già del presente, e l’esordio col botto di Spagnolo in prima linea, in aggiunta a tante conferme di qualità, verrebbe da annuire. Che avrebbe potuto finire male per loro, gli inglesi hanno iniziato a capirlo piuttosto in fretta e senza fare un plissé, nonostante la congenita spocchia, hanno immediatamente virato sul match di conserva, smettendo di cercare la touche acchiappa-meta preferendo il macinato dei calci piazzati e il diluvio di palle calciate il più in alto possibile. Per buttarla nella caciara che noi, ancora, fatichiamo a gestire. Una paura che è una medaglia bella grossa al petto dei nostri ragazzi e che non passerà di certo inosservata. Quindi?

Quindi, in giornate come questa, sarebbe ora di passare all’incasso, perché non è così scontato possano tornare o, comunque, con i problemi proposti dagli avversari che potrebbero essere decisamente peggiori. E per farlo, pizzico di fortuna a parte che da Roma non passa davvero mai, serve dare una aggiustata – qui il bicchiere mezzo vuoto – ai soliti endemici problemi nostrani: quando la palla sta in cielo, e non in terra, è sempre un dramma. Perdere sistematicamente la touche, infatti, è come pensare di vincere ai cinque birilli del biliardo senza poter usare le sponde. Perdere sistematicamente i recuperi sulle palle alte, poi, significa cedere chilometri di campo ogni volta e senza fare spendere sudore all’avversario. La somma dei due deficit fa gran parte della sconfitta odierna, perché va a vanificare quanto di eccellente siamo in grado di esibire in altri settori del gioco. Le tre mete meravigliose messe a referto con un gioco alla mano di sublime fattura, per esempio. O l’intensità difensiva. Insomma, sensazioni del post gara contrastanti.

Per il nuovo tecnico italiano, Quesada, l’esordio numericamente positivo nel punteggio consentirà di affrontare il proseguo del torneo con un pelo di pressione in meno sulle spalle. Quella che in caso di imbarcata, peraltro possibile, avrebbe immancabilmente travolto il movimento. E sempre a proposito di sfortuna, un vero peccato la rinuncia forzata dell’ultimo istante a Capuozzo, le cui gambe ipersoniche avrebbero potuto causare qualche imbarazzo ai placcatori inglesi. Idem per il calcio sbagliato da Allan a metà ripresa, che avrebbe riportato l’Italia a soli meno quattro punti in un momento di capitale importanza per le sorti del match. Nessuna croce addosso a Tommaso, ovviamente, che è tornato a commettere un errore dopo mesi di infallibilità e gliene siamo grati.
In definitiva, in questi vent’anni abbondanti di Sei Nazioni abbiamo assistito ad esordi assai peggiori. Da scongiurare, adesso, il quasi consueto scivolone che fa seguito ad una buona prestazione, la famigerata prova del nove fallita a causa della coperta corta, ora lo è un po’ meno, o di una mentalità da costruire. Facile a dirsi ma terribile da farsi: a restare sempre in scia agli avversari più quotati, la giornata di gloria prima o poi arriva. Il rugby è uno sport di pazienza, crudo ma democratico e quando lo meriteremo compiutamente, limiteremo gli errori e sapremo punire quelli degli altri, saremo noi a vincere. Sabato ci ha detto male ma con questa garra non potrà piovere per sempre. Avanti così, il torneo è solo all’inizio.

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