Samarate, moglie e figlia uccise a martellate: Alessandro Maja fa ricorso in Appello

Secondo i giudici, Alessandro Maya agì "in un contesto subdolo” uccidendo di notte in casa la moglie Stefania Pivetta e la figlia Giulia e riducendo in fin di vita il figlio Nicolò, unico sopravvissuto alla strage

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I legali di Alessandro Maja hanno impugnato la condanna in primo grado all’ergastolo del geometra che nella notte tra il 3 e il 4 maggio 2022 uccise a martellate la moglie Stefania Pivetta, 57 anni e la figlia Giulia, 16 anni, e ferì gravemente il figlio maggiore Nicolò, nell’abitazione di famiglia a Samarate, in provincia di Varese. E’ quanto riporta oggi il quotidiano ‘La Prealpina’.

Gli avvocati Gino Colombo e Laura Pozzoli tornano quindi ad invocare la parziale infermità, così come già avvenuto nel corso del processo in primo grado. Anche in quel frangente i difensori descrissero Maja come semi incapace di intendere e volere al momento degli omicidi. Nel ricorso in Appello si parla di condizione psichica “delirante”, tanto Maja era convinto di essere coinvolto in problemi di lavoro che gli avrebbero creato difficoltà economiche. Una condizione che, secondo quanto accertato, non si è mai verificata.

Secondo i giudici, Alessandro Maya agì “in un contesto subdolo” uccidendo di notte in casa la moglie Stefania Pivetta e la figlia Giulia e riducendo in fin di vita il figlio Nicolò, unico sopravvissuto alla strage. L’assassino viene descritto come una persona turbata e preoccupata. L’uomo “era schiacciato dalla convinzione di andare incontro a problemi economici da lui ingigantiti” si legge nella sentenza. Il giorno prima dell’omicidio aveva chiesto al commercialista come fare per disfarsi di alcuni documenti, esprimendo anche la preoccupazione per aver firmato alcune carte come architetto. “Pur disponendo di beni immobili e di liquidità consistente, Maya non ha mai offerto alcun risarcimento a sostegno delle lunghe e costose cure che il figlio ha affrontato e ancora dovrà affrontare” si legge nelle motivazioni.

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