Milano, 58 arresti della Gdf per spaccio internazionale: 30 tonnellate di ‘roba’ dei narcos commercializzate da cinesi

Imponente operazione della Gdf: 58 arresti per spaccio internazionale, coinvolta una rete di commercianti cinesi. Il valore della 'roba' superiore ai 40 milioni di euro.

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Le indagini della Guardia di Finanza di Milano su un traffico internazionale di droga tra l’Italia e la Spagna e che ha portato a 58 provvedimenti tra fermi e arresti, ha scoperto canali di approvvigionamento di una rete di spaccio di marijuana e hashish per circa 30 tonnellate e hanno ricostruito traffici per 42 milioni di euro con un giro di contante di 26 milioni di euro in poco più di un anno. Sono stati sequestrati dieci società, 52 immobili in Lombardia e altre regioni italiane e beni mobili e somme per nove milioni di euro. Gli arrestati sono di nazionalità italiana, spagnola, albanese e cinese. I commercianti cinesi ricevevano contante che trasferivano in modo anonimo dietro il pagamento di una commissione. Gli arresti e le perquisizioni sono stati seguiti in Lombardia e in altre regioni italiane.

L’inchiesta dei pm Rosario Ferracane e Sara Ombra, coordinati dal procuratore aggiunto di Milano Alessandra Dolci, in particolare si è focalizzata sulla ricostruzione delle modalità di pagamento utilizzate dai narcos: per acquistare partite di droga si avvalevano di ‘servizi bancari’ abusivi gestiti da commercianti cinesi che funzionavano da ‘centri di raccolta’ del denaro da trasferire in Spagna dietro il pagamento di una commissione nell’ordine dell’1,5-2%.

Il sistema si basa su un meccanismo di rimessa informale di denaro denominato ‘fei’chi en’, simile alla hawala islamica, che si basa su rapporti di debito-credito senza che il denaro venga fisicamente trasfertito. Proprio i soldi consegnati dai trafficanti di droga a soggetti cinesi – nell’ordine di decine di milioni di euro – veniva ‘venduto’ a una seconda associazione criminale composta da imprenditori italiani, estranei al traffico di droga ma dediti all’evasione Iva attraverso fatture per operazioni inesistenti con bonifici all’estero verso Cina, Svizzera e Hong Kong. Il pagamento di fatture per operazioni inesistenti si basava sulla successiva retrocessione degli stessi importi in denaro contante, senza essere tracciati dagli organismi antiriciclaggio

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