I giudici d’appello hanno assolto l’imputato dall’accusa di omicidio volontario per il quale la procura generale aveva chiesto la condanna a 30 anni, ma anche dall’accusa di “morte come conseguenza di altro reato” derivata dallo stalking – che gli era valsa la condanna in primo grado -, mentre per l’episodio di lesioni è intervenuta la prescrizione. Le motivazioni saranno rese note tra 40 giorni.
Per la pubblica accusa contro l’imputato ci sono i fotogrammi delle telecamere che lo immortalano nel luogo in cui Carlotta perde la vita, i tempi serrati della morte della giovane più compatibili con un omicidio che con un suicidio, ma anche le tante versioni che Venturi offre agli investigatori.
Secondo la ricostruzione di chi non crede all’innocenza dell’indagato, la sera del 31 maggio 2016 la coppia litiga, lui la strangola, quindi inscena l’impiccagione lasciandola adagiata a un albero nei giardini di piazza Napoli, con una sciarpa intorno al collo.
Una versione che non convince la corte che, invece, abbracciano la tesi difensiva: quello di Carlotta non è un omicidio.
“Spero che Carlotta non veda”.
Sono le parole che a mezze labbra pronuncia Giovanna Palazzi la madre di Carlotta Benusiglio, per la cui morte è stato assolto in appello l’ex fidanzato Marco Venturi. La delusione per la donna e Giorgia, sorella della vittima, è alta: vanno via scure in volto, deluse fa una sentenza che fa capovolto il verdetto di primo grado.