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Ambiente, Pro Vita Famiglia, l’appello: “Rimettere l’uomo al centro, no all’ambientalismo ideologico”

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MILANO  «L’ambientalismo radicale, animato dall’ideologia neo-malthusiana, è una minaccia alla sopravvivenza della vita umana sulla Terra. Vogliamo un’ecologia umana: la cura e la custodia del Creato, della natura e dell’ambiente devono essere perseguite anche in funzione della vita e della salute degli esseri umani, e non contro di loro. Motivo per cui è importante contrastare l’inquinamento e lo sfruttamento immorale delle risorse naturali. Oggi, però, autorevolissimi studiosi hanno dimostrato che l’inquinamento ambientale non ha correlazioni con le emissioni di CO2, che non è causa del riscaldamento globale né di una prossima ”fine del mondo”.
 

Ci chiediamo perché questi studiosi vengano sistematicamente censurati dalle istituzioni scientifiche ”ufficiali” più influenzate dalla politica: perché viene loro negato il confronto basato sulle evidenze e le misurazioni oggettive?». Così Francesca Romana Poleggi, membro del consiglio direttivo di Pro Vita & Famiglia, che ha moderato la conferenza stampa ”Custodire l’Ambiente custodendo l’Uomo” tenutasi questa mattina presso l’Hotel Nazionale di Piazza Monte Citorio a Roma. «La costituzione nel 1988 dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) sotto l’egida dell’ONU ha sottratto alla Scienza il confronto e il dibattito sulle questioni climatiche e ambientali, spostandolo verso i media e il sistema di comunicazione, assumendo quindi un’esclusiva dimensione politico-finanziaria. È ora di aprire un dibattito serio attraverso un confronto aperto, libero e plurale basato su dati oggettivi e riferimenti scientifici», ha precisato Alberto Prestininzi, professore ordinario di geologia applicata all’Università degli Studi ”La Sapienza” di Roma. «Attribuire all’umanità la causa del riscaldamento globale in corso non solo non ha prove scientifiche ma rappresenta anche il più grande scandalo scientifico del nostro tempo», è il commento di Uberto Crescenti, professore ordinario emerito di Geologia Applicata all’Università ”G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara. Dal punto di vista economico, poi, la ”transizione green” è una vera follia: «L’Europa vuole ridurre del 40% le emissioni di CO2 entro il 2030. Ciò influirebbe solo dello 0,016%, ma i costi sono enormi, di oltre 300 miliardi di euro all’anno. Non si comprende come la non emissione di questa impercettibile quantità possa influire sul clima e di conseguenza non si comprende lo spropositato volume di denaro impiegato», ha invece spiegato Mario Giaccio, professore ordinario di Economia delle Fonti di Energia all’Università ”G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara.

 

 

Il professor Stefano Masini, Capo Area Ambiente e Territorio di Coldiretti, ha sottolineato: «Le scelte europee adottate nel periodo più recente, dall’etichettatura a semaforo alle indicazioni di allarme sul vino; dall’apertura agli insetti al silenzio sulle proteine sintetiche, impongono logiche produttive decontestualizzate, minacciando la crescita economica delle filiere e dei territori e alimentando rischi e preoccupazioni per i consumatori. E’ in gioco l’interesse strategico di salvaguardia del Made in Italy agroalimentare che quest’anno ha raggiunto il valore record di 52 miliardi di euro di esportazione. Solo una cultura diffusa, la partecipazione di cittadini consumatori in termini di responsabilità è in grado di promuovere meccanismi di controllo e contrasto rispetto a questo tentativo in atto di deregolamentazione dell’economia, che viene spacciato anche per iniziative di salvaguardia dell’ambiente e del clima, sulla base di falsi presupposti».

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