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Dall'archivio:

Cold case. Abbiategrasso, omicidio Perini. La pista nomade è stata approfondita dopo le dichiarazioni di una donna?

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ABBIATEGRASSO – Torniamo sul caso dell’omicidio irrisolto di Marco Perini. L’agricoltore abbiatense assassinato l’11 maggio del 2000 e ritrovato in una lanca del Ticino a Besate. Ci torniamo perché la giustizia (come sappiamo), pur avendo individuato i colpevoli, non è in grado di sostenere un’accusa nei loro confronti. A questo punto però cerchiamo di indagare a fondo. Siamo entrati in possesso di un documento, precisamente di una annotazione di Polizia giudiziaria ricevuta dalla stazione Carabinieri di Abbiategrasso.
 

Era il 30 luglio del 2019 quando una donna, della famiglia Selimovic, riferiva di avere notizie importanti sulla morte di Marco Perini. Riferiva di vivere in Francia e di essere stata picchiata dal padre senza alcun motivo rispondendogli: “Non mi toccare, se no apro la bocca”.

Evidente che quel “se no apro la bocca”, tradotto vuol dire ‘stati attento perché dico tutto quello che so sull’omicidio di Marco Perini’. Dopo quell’episodio la donna, nata a Morimondo nel 1985 da famiglia originaria della Bosnia Erzegovina, chiama al telefono i Carabinieri. Lo avrebbe fatto prima, ma non ne aveva il coraggio. Forse presa dall’ira, dopo essere stata picchiata, il coraggio lo trova. Dice anche di trovarsi in Francia, ma di voler venire in Italia a parlare di persona di quello che è successo.

Autori dell’omicidio sarebbero i suoi parenti, facendo nome e cognome di almeno uno di questi, ovvero lo zio. Cosa che è poi stata recepita dagli investigatori. Ma gli elementi raccolti non sono sufficienti a sostenere un’accusa in giudizio nei confronti di tali persone. Non ci sono prove, se non dichiarazioni a distanza di anni, che verrebbero smontate facilmente in sede dibattimentale. Ci facciamo però alcune domande. La donna che ha fatto tali rivelazioni è poi rientrata In Italia? Diceva di vivere in Francia e assicurava che, nel giro di poco tempo, sarebbe rientrata in Italia. Sono trascorsi tre anni, con tanto di pandemia in mezzo che non ha certo facilitato gli spostamenti. Ma in questo tempo la donna è stata sentita nuovamente, magari di persona in merito a quello che sapeva?

 

Ha detto che i responsabili si trovano a Roma, anche questo un dettaglio recepito nella richiesta di archiviazione. La loro dimora attuale è stata oggetto di indagine? Continueremo a raccogliere elementi su questo caso perché lo dobbiamo ad una mamma che, dal giorno della scomparsa del figlio, lotta con tutte le sue forze per arrivare ad una verità che lo Stato non è stato capace, ad oggi, di garantirle.

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