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“Effetto Clara” : chi fu veramente Clara Wieck Schumann ? A Magenta è ripartita la stagione di Totem- di Alessandra Branca

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MAGENTA  Si riapre così, con un cartellone programmato originariamente per l’8 marzo dello scorso anno, il sipario del Teatro Lirico di Magenta, per il recupero della stagione musicale 2020. Otto marzo, già capiamo che protagonista sarà il femminile il femminile nella storia, la vicenda artistica, esistenziale e sociale di una donna, artista e compositrice.

La nostra grande tradizione classica europea non conta molti nomi femminili tra i propri campioni, esattamente come accade per altre arti e scienze (diamo qui per scontato che tutti conosciamo il discorso secolare di subalternità all’origine di questa disparità). Pensandoci, almeno a noi non musicisti, a noi semplice pubblico, quanti nomi al femminile associamo alla composizione classica?

Onestamente, se non si abbia avuta la ventura di ascoltare, in qualche raro programma di filodiffusione, autrici misconosciute come Barbara Strozzi o  Francesca Caccini (ma siamo nel XVII secolo o giù di là), ovvero si sia sentito parlare di Fanny Mendelssohn, sorella di Felix… Soltanto Clara Schumann !

Schumann, il cognome acquisito dal marito, ma oggi tutti sappiamo che Clara nacque Wieck e proprio tal cognome, anzi, tali cognomi, ne determinarono (o piuttosto suggerirono?), il destino.

 

Due cognomi, un solo destino: (il suo!)

Fu il padre, Friedrich Wieck, imprenditore, musicista, accordatore ed insegnante di pianoforte, ad istradare Clara; fin da piccolissima. Una dura disciplina fu quella imposta alla figlia in nome del sacro fuoco dell’arte musicale. Un indubbio sacrificio infantile al quale, tuttavia, Clara mai si ribellò : per indole, certamente, ma anche per talento ed altrettanta passione? Sta di fatto che Wieck, padre e padrone delle doti della figlia, letteralmente forgiò una musicista di altissimo pregio la quale, dall’infanzia in poi, divenne una star del tempo, una concertista oltremodo apprezzata e richiesta in tutta Europa nonché prosecutrice del metodo didattico paterno. Il pensiero non può che correre al piccolo Mozart, la cui iniziazione alla musica ed alla vita concertistica (le tournée, diremmo oggi) fu altrettanto determinata da un padre incombente, abile ed onnipresente.

Clara Wieck, adolescente, conobbe un  giovane studente del padre stesso, Robert Schumann : l’amore tra i due nacque e sgorgò immediato, senza paure, pur contrastato ostinatamente dal padre di Clara. Al punto che i due – dopo anni di rapporto quasi unicamente epistolare – ad un certo punto decisero di fare causa a Friedrich per il veto imposto ed il tentativo di esclusione dalla successione ereditaria : vinsero la causa e si sposarono. Furono per diversi anni felici, ebbero molti bambini.

“La scelta di Clara” – come avrebbe potuto esser egualmente titolato l’evento concertistico-teatrale di Totem – non fu certo una passeggiata ed ancora una volta il suo destino portava il nome di un uomo, in questo caso il marito Robert, la cui fragilità psichica, le cui angosce, ben presto esplosero, pur nell’amore incondizionato della moglie, degli amici più cari, dei figli; ed ancora una volta Clara dovette farsi carico di enormi responsabilità e problematiche : sentimentali e materiali .

Ma la “ragazza”, benché di aspetto tanto fragile, doveva aver la schiena ben dritta e mani capaci : per ben 35 anni fu lei e solo lei a mantenere la famiglia attraverso i suoi concerti, le lezioni private; fu lei a tenere il filo con mezza (anzi intera) Europa, fu lei a promuovere l’opera del marito, fu lei a curarne, custodirne, promuovere e tramandarne i lavori.

Clara, l’artista, la moglie, la donna adulta

Durante lo spettacolo di Totem – una collaborazione con la compagnia Schedia Teatro – vediamo Clara Schumann china allo scrittoio; “fiumi di lettere” (giunte, nella realtà, effettivamente sino a noi), attraverso le quali amministrava il possibile e l’impossibile; Clara, bagagli sempre pronti per i faticosi spostamenti, una vita in tournèe . Quando tra le dita non stavano i tasti del pianoforte, erano le lettere (oggi sarebbero mails e social managment), erano i conti di casa (oggi come allora sono proprio i conti di casa!).

Lo spettacolo ci propone una Clara Wieck Schumann quale “donna al servizio” : dei suoi uomini, della famiglia, della musica. Donna resiliente, capace di sopportare fatiche e sofferenze molto dure, la cui stella si adombrava in vita nel sacrificio privato e si eclissò inevitabilmente post mortem a causa di una tradizione penalizzante per le donne. Molti sostengono che il primo posto maschile nella di lei esistenza le interdì una produzione propria firmata e riconosciuta. Cosa senz’altro vera, non certo solo per la Schumann. Ma furono reali e solo catene, le sue? Catene etero-imposte?

Sabato scorso al Lirico, la scena (regia e scena di Riccardo Colombini, Schedìa Teatro) ci proponeva una visuale in parallelo, della donna Clara : ritta sulla tastiera del pianoforte a destra (Maddalena Miramonti al pianoforte), china allo scrittoio a sinistra. Il palco è avvolto dal buio, le luci chiare e frontali sono per la Clara pubblica, la concertista; la fioca luce di una lampada (ad olio quelle del tempo, oggi sarebbe quella led del monitor di un pc) accompagna la Clara “privata” “narrante” (Sara Cicenia, Schedia Teatro), quella dei diari, appunto; china sul dolore per la depressione prima, per la perdita poi, dell’amato Robert; china sulla sofferenza alle braccia, provate dalla durezza dello studio, delle esecuzioni; una donna mesta, dimessa, quasi lamentosa. (“Sono solo una donna del mio tempo, sono solo una donna”, sono le parole che chiuderanno la narrazione nell’unico momento in cui “le due Clara”, ossia la donna di casa e quella dei concerti, si sovrapporranno, in questa didascalia finale a favor di pubblico)

Noi – chi scrive – pensiamo che Clara fu una donna solo apparentemente passiva e remissiva; in realtà tenace e coraggiosa, estremamente volitiva, la quale seppe delineare il proprio spazio vitale, e dunque il proprio destino, in totale e ferma autonomia. Mai rinunciando all’amore, mai rinunciando alla musica, mai rinunciando alla famiglia, mai rinunciando all’eredità didattica paterna, mai priva delle amicizie più care (tra cui quella con Brahms), anche a costo di venir “chiacchierata” dalla società del suo tempo. Chiacchiere delle quali non soltanto Clara non si curava, ferma nei propri affetti e nei propri obiettivi, ma sulle quali vinceva la di lei maestria ed intelligenza. Modesta nelle parole, ambiziosa nei risultati, seppe “tenere insieme” il proprio mondo in una costante tensione all’autodeterminazione. Certo, sofferse, condusse una esistenza per molti aspetti dura; ma sofferenze e durezze che non ci paiono affatto lontane da quelle che anche oggi tante donne affrontano o sono costrette ad affrontare. Una donna che si seppe “fare da sé” (non senza le basi paterne e la spinta dell’amor coniugale) e che visse del proprio talento, oltre che del proprio amore : vi pare poco ?

Una donna intimamente libera, in fondo, pur in pieno “Ottocento” : strano a dirsi …

Clara e Robert Schumann : due cuori, una fusione di talenti

Robert e Clara, musicisti ed innamorati; il confine tra il genio dell’uno e la sensibilità dell’altra sono oggi messi addirittura in discussione, diversi esperti riferiscono di qualcosa di più che non una mano che scrive e l’altra che esegue: le poche opere lasciate sul pentagramma e firmate da Clara testimoniano talento, conoscenze, competenze ed idee compositive anche ardite, al servizio espressivo di una potente sensibilità, totalmente e veracemente romantica (soprattutto nelle ‘romanze’ ) ; qualità non dissimili, a tratti superiori secondo alcuni, da quelle vergate sulle pagine musicali del marito Robert o successivamente dello stesso Brahms .

Alcuni si chiedono: ma se Clara fosse stata uomo, se Clara non avesse posto il proprio talento al servizio di quello del marito…. Avrebbe occupato lei, allora, nella storia della musica, il posto di uno Schumann ? Posto, peraltro, conquistato per lui proprio da questa donna determinata e tanto devota… .

Ai posteri (o mai) l’ardua sentenza. Di certo sappiamo che i pochi spartiti numerati, insieme a materiali sparsi e senza catalogazione alcuna, provenienti dai lasciti di Clara, testimoniano di una musicalità, di un forte ed innovativo temperamento romantico, anche nella composizione; pagine di straordinaria abilità compositiva (croce e delizia per gli esecutori, del tempo come di oggi), quanto straordinariamente “toccanti”.

Pagine magistralmente interpretate, per i fortunati al Lirico sabato sera, dalle dita ora sospese ora adagiate sul pianoforte, evocatrici di coloriture a tratti impalpabili o perentorie, di Maddalena Miramonti ; dalle corde sempre salde, autorevoli e lunghe del violoncello di Livia Rotondi ; dal violino ricco di contrasti, docile ed indomito, così inaspettatamente carico di temperamento espressivo, della giovanissima ed esile Margherita Miramonti . …Una “Clara Wieck dell’archetto”, che credevamo, semplicemente, la ‘pulcina’ di  “Casa Miramonti” mentre ci troviamo – sopresa! – al cospetto di una personalità artistica già padrona dei propri mezzi (ed affermata, leggiamo, a fine concerto, nelle note di Sala). …Eccellente !

Nouvelle Clara o nouvelle Joachim ?

Il gioco dei generi e dei ruoli continua il proprio enigmatico intreccio attraverso le pagine musicali e gli strumenti, in questa straordinaria storia della Classica europea che da anni Totem Magenta, con creatività e competenza, insieme ai numerosi compagni di viaggio sul palco del Lirico, continua a farci scoprire, conoscere e, naturalmente… ascoltare!

Alessandra Branca ©2021

Per godere dell’interpretazione delle ariste in scena al Lirico sono disponibili estratti  (tra cui il mirabile Trio op. 17 in sol minore nei suoi quattro movimenti: Totem Magenta – YouTube )

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