Riprendiamo la (solitamente) coraggiosa ed encomiabile analisi de L’Intellettuale Dissidente sulla giovane poetessa Amanda Gorman
Il 31 di marzo è uscito in tutte le librerie e in allegato al “Corriere della sera” The Hill We Climb, volumetto firmato Garzanti contenente i versi di Amanda Gorman tradotti da Francesca Spinelli. Ora, sebbene il poemetto inaugurale mi avesse poco convinto sotto molti punti di vista, ho deciso di acquistare il volumetto insieme al giornale. Considerando che il componimento era troppo breve per poter essere una pubblicazione a sé stante, ho dato infatti per scontato che nel libro fossero presenti altre poesie, oltre a quella che vi dava il titolo, come d’altronde accade con altre pubblicazioni di carattere poetico. Ero curioso di leggere di più, di constatare se The Hill We Climb fosse solo un passo falso, oppure la prassi. Al momento di aprire il libro, l’amara sorpresa: in quel bel libellino con copertina rigida, sovraccopertina, fogli di buona filigrana, è presente solo la traduzione di The Hill We Climb. Chi già ha letto l’originale inglese dalle varie piattaforme, non può che chiedersi come sia possibile; il poemetto è lungo 126 versi, non può coprire chissà quante pagine. Garzanti, per riuscire nel gioco di prestigio, svolge un’operazione che suona tanto come una presa in giro al lettore: ha spezzato il poema in piccoli gruppi di versi e li ha stampati solo sul recto del foglio, lasciando il retro bianco. Non è presente neanche il testo originale a fronte, che almeno avrebbe fornito una buona scusa per “allungare il brodo”. Ad “arricchire” questa edizione, poi, è segnalata pure una prefazione firmata Oprah Winfrey: due paginette striminzite che appena bastano a dipingere la Gorman come una sorta di vago messia lucente che si
esprime in versi.
Nell’ultima pagina stampata, poi, un unico annuncio pubblicitario che recita così: «THE HILL WE CLIMB / Anticipa l’uscita della raccolta completa delle poesie di Amanda Gorman. / IN LIBRERIA / NELL’AUTUNNO 2021» (p.56). Che senso ha avuto, quindi, far uscire questo volumetto? Per quale motivo dare alle stampe un libro del genere, scervellarsi per far coprire a un componimento di 126 versi ben 50 pagine, fare uscire questo scherzo d’aprile editoriale in libreria e in allegato al “Corriere della sera” (non certo l’ultimo dei giornali italiani) a sei-sette mesi dall’uscita dell’opera completa? Da quando il mercato della poesia, il più disastrato del panorama editoriale italiano, ha una esigenza così impellente di pubblicazione?
Cerco risposte a queste domande proprio nel “Corriere”. La pagina 42 del giornale (la seconda pagina della sezione culturale) è interamente dedicata ad Amanda Gorman. Marco Bruna stende un lungo articolo sulla poetessa afro-americana, magnificandone le doti artistiche ma evitando furbescamente di indicarcele concretamente. Bruna si sofferma su molti aspetti, ma non chiarisce come mai The Hill We Climb meriti veramente di essere espansa fuori natura per essere inclusa in un libretto a sé stante di diffusione di massa: in sei colonne di articolo, di cui due lunghe e quattro brevi, dedica solo due brevi colonne a The Hill We Climb, non andando più in profondità rispetto a quello che già sa chiunque si sia minimamente interessato alla vicenda a suo tempo. Il più che si riesce ad avere, è questo: «Nei versi di The Hill We Climb – in totale 128 liberi, disseminati di anafore, enjambement e allusioni – la poetessa alterna immagini di luce e ombra, speranza e paura, per descrivere le due anime opposte dell’America. Non è un caso che l’ultimo verso contenga la sola parola “Luce”, ciò che troveremo una volta arrivati in cima alla collina».
Fine dell’analisi della poesia. Un po’ poco per convincere sulla bontà di questa operazione editoriale.
Altro aspetto che Bruna cita, ma che fa cadere nel vuoto, quasi fosse una sciocchezzuola da nulla, poco più di una ragazzata, riguarda il “caos” scoppiato sulle traduzioni dell’opera. In particolare, in Olanda e in Spagna, dove i traduttori scelti sono stati sostituiti perché era preferibile che a tradurre le poesie di Amanda Gorman fosse una giovane donna nera. Queste polemiche, secondo il giornalista, decadono, vista la portata planetaria del messaggio della poetessa. Ma io proprio questo vorrei sapere: qual è il messaggio di portata planetaria di Amanda Gorman? Che bisogna lottare per la libertà e avere speranza? Che la luce del bene si contrappone all’oscurità del male? Credevo che per questo bastasse la saga di Star Wars.
Ora, la domanda non può che sorgere spontanea: cos’ha The Hill We Climb di tanto speciale, da meritarsi un trattamento del genere, quasi fosse una Sacra Scrittura? Dal punto di vista poetico, niente. Non rimane altro, quindi che un’altra ipotesi, nata in seno al trambusto della cerimonia di inaugurazione e accresciuta grazie alla lettura dell’articolo del “Corriere” e dell’intervista alla poetessa: l’operazione non è letteraria ma puramente d’immagine.
Nel caso di Amanda Gorman, poi, si scorgono alcune sagome sospette da dietro le quinte. Anzitutto Oprah Winfrey, deus ex-machina della tv statunitense e “Pietro Aretino” della cultura liberal, come testimonia lo stesso Bruna nel suo articolo: «Oprah Winfrey, che firma la prefazione a The Hill We Climb, di carriereletterarie ha contribuito a sostenerne parecchie con il bollino del suo Book Club esibito in copertina». Ha dichiarato di essere grande amica della ragazza a sua grande promotrice (le due scarne paginette di prefazione lo testimoniano). Poi varie personalità politiche del mondo Democratico, citate dalla stessa Gorman nell’intervista: «Ho avuto la fortuna che le donne che ammiro, inclusa la Segretaria di Stato Hillary Clinton, la Speaker della Camera Nancy Pelosi e la mia parlamentare Maxine Waters mi abbiano tutte offerto la loro guida». Insomma, praticamente tutta l’area radicale dei Democratici si è stretta attorno a questa ragazza.
C’è chi ha guardato con ottimismo questo interesse dei media per i versi di Amanda Gorman, affermando che è comunque un modo di parlare di poesia. Ma quando si parla di poesia? The Hill We Climb è un comizio scritto andando a capo prima della fine del rigo, pure stilisticamente un po’ goffo; nelle interviste si parla di lotte sociali, moralità, eventuali future candidature alla presidenza degli Stati Uniti. Più che di poesia, mi pare che si parli di politica, di propaganda. Come sempre, d’altronde.