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Ossama Ghafir: da “bravo ragazzo” a sostenitore dei tagliagole dell’Isis…

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OSSONA –  Una vita difficile, con un papà allo sbando e una mamma costretta in casa. Ma, nonostante tutto Ossama Ghafir, il 18enne di origini marocchine arrestato a Cerano per istigazione al terrorismo internazionale, non si era mai perso d’animo. Studiava con passione, non si era mai lasciato coinvolgere in cattive compagnie ed era considerato un bravo ragazzo. Oggi ha 18 anni e fino al 2017 ha vissuto in un’abitazione di via Patrioti ad Ossona. A dire che Ossama era un bravo ragazzo sono le persone che sono entrate in contatto con lui. Padre cocainomane e alcolizzato, con tanti problemi. In diverse occasioni le autorità sono intervenute per sottoporlo ad un TSO. Soffriva di allucinazioni ed era convinto che la moglie lo tradisse.

Paranoie deliranti al punto che si era messo, una volta, a tagliare il materasso della camera da letto nella convenzione che la moglie si fosse nascosta dentro. La mamma era una donna sottomessa. Sempre in casa, non parlava una parola di italiano. E lui, Ossama, nonostante le mille difficoltà della vita, non si era mai perso d’animo. Spesso le sue notti le trascorreva in bianco proprio a difendere la mamma, da tanto era preoccupato che potesse accaderle qualcosa. Dopo le scuole elementari e medie ad Ossona stava continuando gli studi. Si recava spesso ai servizi sociali o alla polizia locale a chiedere consigli. Ad Ossona era integrato. Aveva tanti amici e non aveva mai dato il minimo problema. Spesso era lui a fare da interprete per la mamma che non sapeva l’italiano. Ma allora, cos’è successo nella vita di questo ragazzo per entrare nel circuito tremendo della radicalizzazione? Naturalmente nessuno può saperlo. Fino al 2017 ha vissuto ad Ossona. Poi si è trasferito con la famiglia a Cerano, piccolo comune del novarese.

Dove, evidentemente, ha incontrato delle difficoltà. Tolto ad un ambiente nel quale si riconosceva potrebbe avere incontrato tanti problemi in un altro luogo di vita. E allora ecco che inneggiare all’Isis su Facebook, cercare materiale relativo ai combattimenti in corso in Siria, studiare le tecniche del kamikaze, potrebbe essere diventata, per lui, una valvola di sfogo. Un qualcosa in cui credere. Riuscirà il carcere a fargli capire che stava intraprendendo una strada completamente sbagliata? Anche questa domanda è destinata a rimanere, per il momento, senza risposta.

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