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26 aprile 1986: la tragedia di Chernobyl, 35 anni dopo

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Sono passati 35 anni dalla sciagura di Chernobyl, la centrale nucleare esplosa in Ucraina settentrionale il 26 aprile 1986: e’ un anniversario che guarda ad un futuro di rinascita, con il progetto del governo di far inserire il sito nel patrimonio Unesco e il successo della locale riserva naturale nella quale potrebbero essere introdotti esemplari di bisonte europeo.
Il triste anniversario sara’ celebrato con un’apposita Giornata internazionale della memoria per i disastri di Chernobyl, decretata dall’Onu nel 2016, in ricordo di quel che accadde.
Alle ore 1:23:46 del mattino del 26 aprile 1986, durante un test di sicurezza andato male, un’esplosione si verifico’ al quarto reattore dell’impianto nucleare V.I. Lenin, provocando un incendio che immise nell’aria una quantita’ di polveri radioattive pari a quella di 500 ordigni come la bomba di Hiroshima. Dopo aver cercato di nascondere l’incidente, l’Unione Sovietica, di cui l’Ucraina faceva allora parte, ha finalmente riconosciuto la gravita’ della situazione ed evacuato centinaia di migliaia di persone da decine di citta’ e villaggi, in un’area situata a circa 100 km a Nord di Kiev. Ha inoltre mobilitato decine di migliaia di “liquidatori”, dotati di rudimentali mezzi di protezione, per costruire un sarcofago attorno al reattore e cercare di ripulire le aree contaminate, di fatto condannandone un elevato numero, stimato in 4 mila, a morte certa. Subito dopo il disastro, morirono 31 operai dell’impianto e vigili del fuoco, principalmente a causa di malattie acute da radiazioni. Nubi radioattive hanno contaminato – secondo alcune stime – fino a tre quarti dell’Europa, spaventando il mondo intero. Migliaia di altre persone morirono in seguito a malattie legate alle radiazioni, come il cancro, sebbene il bilancio totale delle vittime e gli effetti sulla salute a lungo termine rimangano oggetto di intenso dibattito.
L’incidente nucleare venne in seguito classificato come “catastrofico”, alla stregua di quello che sarebbe avvenuto all’impianto giapponese di Fukushima, l’11 marzo 2011, a seguito di una scossa di terremoto.
Per voltare pagina su distruzione e desolazione, lo scorso dicembre il ministro della Cultura dell’Ucraina, Oleksandre Tkachenko, ha annunciato di voler candidare la Zona di esclusione di Chernobyl all’iscrizione al patrimonio mondiale dell’Unesco. L’obiettivo dichiarato e’ quello di proteggere da intemperie e dal flusso dei turisti le rovine, che sono “uno dei territori piu’ emblematici dell’Ucraina”. Inoltre, secondo Tkachenko, “l’importanza della zona di Chernobyl va ben oltre i confini dell’Ucraina. Non si tratta solo di commemorazioni, ma anche di storia e diritti delle persone”. Prima di indirizzare formale richiesta all’organismo Onu, il sito va inserito al patrimonio culturale e storico dell’Ucraina: un primo passo in questa direzione e’ gia’ stato compiuto dal governo e riguarda un enorme radar militare costruito nei pressi della citta’ di Chernobyl negli anni ’70. Nel caso in cui la richiesta venisse poi accolta dall’Unesco, la Zona di esclusione, una ‘no man’s land’ che circonda la centrale entro un raggio di 30 chilometri – un’area delle dimensioni del Lussemburgo – si unira’ a siti come il Taj Mahal in India, Stonehenge in Inghilterra e l’abbazia di Mont Saint-Michel in Francia.
Il processo di ‘rinascita’ di Chernobyl era gia’ stato avviato prima della pandemia di Covid-19: nel 2019 l’impianto nucleare e la vicina citta’ di Pripyat avevano registrato un boom di visitatori, circa 120 mila persone, in parte incuriositi anche dalla seguitissima serie televisiva. La maggior parte dell’area intorno alla centrale nucleare abbandonata e’ un deserto di edifici vuoti, sterpaglie e macerie. Tutti gli edifici di Pripyat, una citta’ fantasma che un tempo ospitava 50 mila residenti per lo piu’ dipendenti della centrale, hanno bisogno di essere riparati. Secondo le autorita’ ucraine, la zona potrebbe non essere adatta agli esseri umani per 24 mila anni.  Intanto, la natura ha preso il sopravvento: a ridosso del 35mo anniversario su molti media stranieri circolano fotografie di prati verdissimi, di una vegetazione lussureggiante con una razza di cavalli selvaggi che ha prosperato nella zona di esclusione, in mezzo a edifici crollati, vecchie insegne di negozi arrugginite, quaderni e libri sui banchi di scuole sventrate all’interno delle quali sono cresciuti alberi e piante rampicanti.
                     

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