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I 63 anni di John McEnroe, il diavolo riccioluto che incantava gli angeli- di Teo Parini

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La mano sinistra del diavolo

Coniugare bellezza e invincibilità? Fatto, quindi eterno.

I quattro anni che si aprono nel 1981 rappresentano il giardino di casa McEnroe, la comfort zone dello sport quale forma d’arte suprema. C’è stato un prima e purtroppo un dopo sempre più ingrigito, ma in mezzo, luminescente, soltanto lui.

Si è infilato una fascetta rossa tra i capelli, ha scalzato dal trono Borg, la sua antitesi noiosa, si è issato al numero uno della classifica mondiale, così, solo per il gusto di guardare il mondo dall’alto. Ha fatto del tennis aristocratico uno sport planetario, sgarbato nei modi e regale nei tocchi. Un terremoto.
SuperMac fu iracondo col genere umano e, insieme, gentiluomo in quel suo manovrare un attrezzo che fu la naturale prosecuzione della mano sinistra più educata di sempre. Bene e male, giorno e notte, acqua e fuoco. Come solo gli uomini speciali sanno alternare senza un’apparente logica, fugace come un battito di ciglia.
Quel giorno in cui la Storia si apprestava ad essere riscritta in maiuscolo c’era dunque un tavolo da gioco, il mazzo di carte e la pigna di fiches sopra. Intorno gli aspiranti campioni. John, ritardatario per vezzo, si è accomodato, ha calato il ‘ventuno’ e mandato il tutto a gambe all’aria, prima di andarsene con quel suo fare da inguaribile spaccone.
Tronfio di gloria e senza manco prendersi il bottino. Sono io il più grande, si sarà ripetuto più e più volte e per molti versi aveva ragione. Eravamo noi, semmai, a non essere seri nell’approccio con il più talentuoso di tutti.
Ieri, 16 febbraio, il diavolo del tennis ha compiuto 63 anni e più che gli auguri – quelli si fanno a tanti – sarebbe più consono un grazie. Per averci fatto godere di cose che siamo destinati a non vedere mai più.
Teo Parini

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