Sconti, il rugby, non ne fa. La Scozia è compagine complessivamente più forte e, come sempre accade, il più forte vince, in uno sport che è quasi scienza esatta. Ma non per questo possiamo nascondere i nostri rimpianti odierni. Troppi. Il primo è quello di essere scesi in campo in maniera francamente incomprensibile. Dieci minuti tremebondi, due mete sul groppone, l’incapacità di rallentare la marea scozzese. Va bene che il Murrayfield è una bolgia, ma l’approccio mentale è quantomeno rivedibile e a questi livelli non te lo puoi permettere.
Devastati sui punti di incontro, perdenti in ogni battaglia aerea, sterili con la palla in mano. La Scozia è competente ma l’Italia per venti minuti fa tutto ciò che Quesada avrà chiesto ai suoi di non fare. Placchiamo come forsennati, più di cento nel primo tempo, e troppi finiamo inesorabilmente per sbagliarli. Vien da sé che il dispendio di energie è enorme ma la Scozia non sono gli All Blacks e qualche fallo lo concedono ad un Allan che dalla piazzola è un cecchino. Tre calci – saranno quattro alla fine – e nove punti che fissano lo score sul 19-9 che, tutto sommato, è tanta manna dal cielo considerato quanto visto in campo.
Alla ripresa, finalmente, la musica cambia leggermente. L’Italia comincia a fare l’Italia che ha chiuso in gloria lo scorso Sei Nazioni e, pur senza esibire la competenza che si vorrebbe vedere dal divano, mostra i muscoli e agli avversari si quali cominciamo ad offuscarsi i pensieri. Allan accorcia a meno sette, Brex (stratosferico) intercetta un pallone e si invola in meta per il pareggio. Diciannove pari, quasi un miracolo, e comincia la girandola dei cambi con l’inerzia incredibilmente tutta dalla nostra parte. I cambi, che nei piani di Quesada avrebbero dovuto infliggere il colpo mortale agli Highlander di Scozia, portano purtroppo in dote due mete in rapida successione per i nostri avversari che capitalizzano quasi senza saperlo perché gli errori tecnici dei nostri, nelle rispettive circostanze, sono evidenti. Psicologicamente, risulta terribile per Lamaro e compagni scoprire di aver vanificato la dispendiosa rincorsa in un amen a valle di una immane fatica.
Tuttavia, al minuto settanta, una percussione di Gesi – splendido ingresso, il suo – ci porta ad un palmo dalla meta che riaprirebbe l’incontro, ma la solita imprecisione nel finalizzare le poche occasioni che costruiamo ci fa rimbalzare indietro una prima volta. Stessa disdicevole situazione che si ripeterà per altre due volte prima dello scadere del tempo che fissa il punteggio finale sul 31 a 19 che è impregnato di rimpianti. Urgono subito maggiore competenza tecnica e freddezza che è facile a dirsi ma irrisolvibile in tempi brevi. Emblematico è anche il fatto di aver concesso il punto di bonus alla Scozia che, infatti, chiude il pomeriggio con più mete all’attivo di quelle che avrebbe immaginato. Se non si alza l’intensità difensiva, in Francia e in Irlanda finiamo sepolti dalle marcature, inutile girarci intorno. E sabato prossimo c’è già il Galles, realisticamente l’unica possibilità che ci resta per muovere la classifica. Un Galles che ieri è stato demolito in maniera brutale dai transalpini e che vive probabilmente il momento peggiore della sua storia spesso gloriosa. Un Galles che è lecito aspettarsi disperato, al colpo di coda e, quindi, pericoloso.
Note positive, tuttavia, ce ne sono ed è il caso di ancorarci a quelle. Detto del piede di Allan, ottimo l’ingresso di Cannone, i placcaggi inesausti di Negri e la concretezza di Brex. Solidi gli avanti, meno deficitaria che in altre occasioni la touche. Sottotono, invece, i nostri due giocatori più in vista. Capuozzo, che all’ala è rimasto a lungo spettatore, e Menoncello, la consueta iradiddio ma che è autore di un paio di scelte sbagliate piuttosto importanti. Non da lui, insomma. Lato infermeria: da verificare le condizioni di capitan Lamaro uscito zoppicante e il taglio sulla fronte di Ruzza. Ma non c’è tempo per grosse riflessioni, in un attimo sarà sabato, quando all’Olimpico abbiamo il dovere di dare di noi la nostra migliore versione possibile. Quella che, ahinoi, oggi non si è vista. Come si dice in questi casi, possiamo solo crescere e, sportivamente parlando, sabato prossimo sarà questione di vita o di morte.