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Alla riscoperta della villa Clerici di Castelletto di Cuggiono: una tesi, un progetto

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E’ stata la tesi di Giulia Elisa Martignoni a dare motivo per una riflessione sul futuro di quella che fu la Villa Clerici di Castelletto, una ‘reggia’ realizzata nel primo Settecento per allietare la vita in campagna delle nobili famiglie milanesi che vi arrivano in barca attraverso il Naviglio. L’incontro del 13 maggio 2023, organizzato dal Centro Studi Territoriali APS Athene Noctua nella sala consiliare di Villa Annoni, dopo il saluto della presidente Enrica Castiglioni, ha visto succedersi una serie di interventi specialistici che hanno ‘messo in luce’ quanto scoperto recentemente negli studi e approfondimenti finalizzati ad un progetto di conservazione inserito nel sistema turistico del Parco del Ticino.
ISABELLA BALESTRERI, docente di storia dell’architettura presso il Politecnico di Milano, ha illustrato lo sfondo storico e culturale che portò alla realizzazione di tali ‘ville di delizia’ nella campagna milanese. Non solo. Ha mostrato il frontespizio della prima edizione di Marc’Antonio dal Re del 1726 dove si parla di ‘palazzi camparecci’, mentre nella seconda edizione del 1743 questi ‘palazzi’ sono diventati ‘ville di delizia’. “L’incisore Dal Re descrive il suo presente, il primo Settecento, il secolo durante il quale la nobiltà raggiunge la sua espressione più alta. Le ville diventano una rappresentazione – una parte reale e l’altra immaginaria – di beni, del prestigio, il biglietto da visita con il quale una famiglia nobile si presentava nella società. Per quanto riguarda la storia dell’architettura, già nella seconda metà del Cinquecento le famiglie nobili avevano incominciato ad acquistare casolari all’esterno della città che poi trasformarono in fortilizi in modo da assicurare sicurezza della famiglia. Difesa fisica, ma anche salubrità ambientale”. La docente cita l’opera di Bartolomeo Taegio (‘La Villa’, 1559) nella quale l’autore critica la città, vista come luogo delle ruberie e degli assassinii, mentre la campagna diventa il luogo ameno, del diletto, con acqua e aria pulita. Un po’ come oggi…
GIULIANA CARDANI, docente di conservazione dell’edilizia storica presso il Politecnico di Milano, relatrice della tesi in questione, ha illustrato le diversi fasi in cui si è articolata la realizzazione della villa (circa 9500 mq-60 stanze), proprio al fine di tracciare un primo approccio conoscitivo, necessario alla realizzazione di qualsiasi azione successiva. Ha così delineato le diverse fasi, dall’epoca del ‘Castelletto’ dei Crivelli (988-1231) a quella della ‘Casa da Nobile’ (1578-1658) dei Clerici, fino ad arrivare alla bancarotta della famiglia (1870) e alla successiva vendita. L’arrivo della filanda Simontacchi (1921-1960) segna profondamente le strutture della villa che viene vincolata dalla Soprintendenza solo nel 1973, grazie alla sensibilità del sindaco di Cuggiono, Angelo Garavaglia (che si era dato da fare anche per l’istituzione del Parco del Ticino).
MONIA ALDIERI, storica dell’arte, ha parlato dei cicli pittorici ancora da scoprire (certamente la novità dell’incontro) la quale ha esordito dicendo che i Clerici furono coloro che chiamarono il Tiepolo ad affrescare il loro palazzo milanese. Ha continuato parlando degli affreschi – specificando la valenza dei quadraturisti e dei figurinisti – che adornano le quattro finestre che affacciano sul Naviglio. Parlano dell’incontro di Marc’Antonio con Cleopatra (foto), del Ratto di Ganimede opere che attribuisce al pittore Santagostino. Poi legge gli affreschi della ‘Sala dei Rapimenti’, il Ratto della donna di Ercole e quello delle Sabine. Poi ‘Venere e Amore’ (foto), ‘l’Intelligenza’ (una sfera celeste nella mano dx, una serpe nella sx e la ghirlanda, simbolo dell’intelligenza), il ‘Furor poetico’ richiamato dalle ali sulla testa (con il cane simbolo di fedeltà, mentre la colomba rappresenta lo Spirito Santo) per concludere infine con la raffigurazione del tempo. Nessuno ha mai studiato questi affreschi e quindi non c’è niente di pubblicato e fra un po’ di tempo saranno illeggibili. Quindi il primo intervento auspicato alla nuova proprietà e quello del rifacimento dei tetti che dilavano le pareti e cancellano delle vere e proprie opere d’arte.
NEI TEMPI MODERNI alla famiglia Simontacchi è subentrata nella proprietà la famiglia Pacco di Busto Arsizio la quale ha svolto attività tessile fino agli inizi degli anni Settanta. La villa fu aperta – grazie alla fondazione Primo Candiani onlus – l’ultima volta nel 2005 (vedere stelloncino di Città Oggi) per un convegno storico a cui parteciparono cinquecento persone tra cui gli eredi Clerici. Dopodichè la Villa fu abbandonata e messa in vendita incaricando a tal scopo, per un primo studio del complesso monumentale, l’ingegner Luigi Paolino di Turbigo che produsse anche una bella brochure in proposito. Recentemente il complesso è stato acquisito da una società che fa capo al gruppo Sodalitas.

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