Accade che in primavera, ogni primavera, i fiori, una corolla di cinque petali di colore bianco con timide venature screziate di rosa, a volte, nonย restino troppo sul gambo porta frutta. Api e altri insetti impollinatori hanno un bel da fare, combattono con lโaria feroce e veloce dei treni rapidi che passano da lรฌ senza fermarsi. Allora, con la velocitร , รจโ tutto un frullare in giro, tra la banchina, i binari, la recinzione in cemento grigio chiaro e scuro dellโintorno di petali candidi, che anzichรฉ essercene uno, di alberello, fossero cento, sicure che parrebbe di camminare su di un morbido e caduco tappeto vegetale (mi vengono subito alla mente alcune fiabe di cui ho perduto memoria del titolo e dellโautore).
Ah, che se ci fosse Marinetti ed altri a coniugare il senso e la filosofia della ritrovata velocitร , e lui e il futurismo, di questo nuovo mondo che cozza, forse, con il senso atavico dellโesistenza sovrana nel mondo, a dispetto delle mode e delle specie provvisoriamente dominanti, tali come noi siamo ora, farebbe un quadro scomposto e ricomposto, di quelle figure che si alternano nei passaggi mattutini e serali dei viaggiatori, cogliendo, nello sguardo, ora assonnato, ora stanco ,del viandante, la caritร della sua voglia di costruirsi il quotidiano. Ma questo รจ un sogno e, di colpo, il profumo dolce dei fiori mi riporta al presente.
Talvolta perรฒ, lโinsetto ha la meglio sulla tecnologia e instilla la vita nel fiore.
A giugno alcuni frutti sono maturi e qualcuno li coglie. Non so quanto la limatura sottile del ferro frantumato nel passaggio dai carri sopra le rotaie riesca ad entrare nei pori della scorza nella polpa, forse poco, forse tanto.
Uno non farร di certo male.
Ho perso la conta della vita di questโalbero e nulla mi obbliga a saperlo, vedo perรฒ che ogni anno diventa sempre piรน bello, nessuno lo pota a dovere (pratica che serve unicamente a far produrre piรน frutta alla pianta! Cosรฌ dice lโesperto conoscente degli alberi), se di dovere poi si tratta. Nessuno lo cura e nessuno lo innaffia; fa tutto da solo; sarร , immagino, il capostipite di una nuova specie. Provo il nome, storpiando il latino, chiedendo venia e comprensione sin da ora, ai piรน illustri e sapienti esperti e conoscenti della materia (che la mia prima insegnante di latino: la Diva Stella in Moro, piccola e preziosissima femmina dalle labbra scarlatte che indottrinava noi, feroci e imberbi scolaretti, in quel di via Lomeni nella vecchia scuola dallโaltisonante e aereo โ per via della professione.- Francesco Baracca, sulle necessitร del sapere e che del latino ne fece una sua, diventata poi nostra, ragione di vita e di esistenza): โAlbicoccus bruno ferroviarius padanus ticiniumโ, il ticinium รจ lโomaggio al fiume, perchรฉ siamo vicino al grande fiume Ticino; sono certo che soppianterร ben presto gli oleandri collocati in bella fila (i pochi oramai rimasti) nelle stazioni della riviera ligure, tanto quella di levante quanto quella di ponente โ per par condicio โ o altre insulse piante, messe lรฌ, anche se, meglio sarebbe dire, collocate, a sopportare il tempo. E sarร cosรฌ che lui, lโAlbicoccus, al contrario, sarร ben contento di ripopolare zone altrimenti destinate allโoblio vegetale, cosรฌ che, saranno finalmente soddisfatti e appagati.
Ma perchรฉ questa cosa in veritร , un poco mi assilla?
Devo ancora chiedere allโinsulsa mente, mia, di andare indietro nel pensiero e, quindi, nel tempo, che, oramai ho capito, รจ senza misura e senza direzione, chiedendo venia al mio assiduo compagno di letture.
Ivan D’Agostini