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Whiskey Myers – “Tornillo” (2022). By Trex Roads

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“Ora sono loro l’ispirazione per altri e non vorrei essere nei loro panni, perché dopo un ‘Exile On Main Street’ la gente si aspetta la conferma e che la storia prosegua, ma siamo certi che i ragazzi da Palestine, Texas non deluderanno, anzi. Ormai sono loro a dettare le regole del gioco e non vediamo l’ora del prossimo capitolo…”
Queste sono le parole con cui avevo chiuso la recensione del loro disco precedente (che potete trovare qui: https://trexroads.altervista.org/whiskey-myers-whiskey-myers-2019-2/), l’album omonimo uscito solo 3 anni fa.

Ecco, la conferma è arrivata e supera di gran lunga le più rosee previsioni.
Il disco del 2019 era stato una sorta di spartiacque della carriera dei ragazzi texani: un prodotto 100% Whiskey Myers. Il titolo e la copertina erano lì a dimostrarlo, uno schiaffo in faccia al mondo.
La musica è nostra e decidiamo noi, un rischio forse, ma ben calcolato.
La band texana è maturata, migliorata e ora è un riferimento certo del rock americano. Ha mixato le diverse influenze, ha preso ispirazione dai grandi del passato, ma lo ha fatto con un piglio per-sonale e mai banale.
Se ascoltiamo i loro primi 4 dischi possiamo notare l’evoluzione di cui sto parlando, dai ragazzi che ascoltavano il country e il rock, volevano farcela e non conoscevano altro modo per riuscirci che lavorare sodo e suonare migliaia di concerti su e giù per gli Stati Uniti (per non farsi mancare nulla toccarono pure l’Europa da perfetti sconosciuti 10 anni fa), fino ad arrivare alla produzione del mago della console Dave Cobb, che probabilmente è stata una delle scintille decisive.
Hanno inglobato queste esperienze nel loro sound, imparando dagli artisti per cui aprivano i concerti, country, southern rock fino al rock anni ’70 degli Stones, ma apprendendo anche l’arte di valorizzare il proprio talento proprio da Cobb, genio assoluto della produzione musicale.

 

Tutto è servito, anche gli amori musicali di ciascun esponente della band e l’esperienza nella serie tv Yellowstone, per arrivare a questo 2022. Sono passati 14 anni dal primo disco (quel Road Of Life, scomparso dai radar commerciali per volere degli stessi Whiskey Myers) e oggi la band che abbiamo di fronte agli occhi è uno dei gruppi migliori che il rock americano abbia prodotto negli ultimi 30 anni almeno.
Una delle loro magliette più vendute riassume quello che i WM sono in questo momento: “Whiskey Myers is a rock and roll band”.

E’ un esercizio comune quello di cercare di catalogare una band o un cantante, lo faccio spesso anche io: country, bluegrass, blues, folk, southern rock, rock and roll, soul…Ecco, Cody Cannon, John Jeffers, Cody Tate, Jeff Hogg, Jamey Gleaves e Tony Kent possono essere catalogati solo definendoli rock americano. Puro e semplice.
In questi 11 pezzi (12 se contiamo anche l’intro di tromba mariachi che fa molto spaghetti western) i Whiskey Myers si abbeverano avidamente alla fonte della musica americana: troverete l’amato southern rock ispirato dai Lynyrd Skynyrd, troverete il country texano, ma avranno una parte importante il soul proveniente dalle paludi di Muscle Shoals, quello dei fiati, dei cori delle McRary Sisters e del groove molto funk, il rock che ti prende l’anima dei Rolling Stones e quello che ti fa muovere degli ZZ Top, ma tutto questo sarà valorizzato da un’abilità lirica davvero disarmante per sincerità e abilità narrativa, come i grandi folkmen del passato.
Prima di parlarvi della musica, menzione d’onore per l’eccezionale copertina firmata dall’artista te-xano Zachary Nelson: un vero capolavoro, vagamente ispirato alla copertina di “Tejas” degli ZZ Top. Un’opera d’arte che rimarrà negli annali, così come la musica contenuta in questo disco.

L’intro attira l’orecchio verso gli speaker e ci fa avvicinare con la mente ai leggendari studi di registrazione dove è stato creato questo lavoro: i Sonic Ranch di Tornillo in Texas, che hanno svolto un ruolo talmente importante con la loro ambientazione e e il loro feeling, che si sono meritati l’onore di ispirare anche il titolo di un disco che verrà ricordato per decenni.
La fine dell’intro rende elettrica l’aria e poi inizia un groove di basso che accompagna un’esplosione di armonica, organo e chitarre, il disco parte a razzo e non si fermerà più.
John Wayne è rock del Sud nel senso più ampio del termine e le parole cantate da Cody Cannon lasciano il segno, narrano del mondo che brucia e si è dimenticato l’amore per i bambini e per Dio, in modo semplice e diretto. L’attaccamento alle proprie radici trasuda da ogni parola che viene scritta da questi ragazzi e nel sound ispirato tantissimo al passato.
Grandissimi gli arrangiamenti, quasi geniali: i fiati che riempiono la stanza, un suono sincopato di chitarre che crea un groove quasi da ballare, ma poi esplode un assolo che squarcia l’aria e la ritmica indiavolata fa il resto.

 

Devo dire che un suono di armonica così non lo si sentiva da anni, per non parlare dei fiati! Che inizio bomba!
La successiva Antioch, uno dei singoli usciti in anticipo, inizia con un riff acido molto effettato, un riff che poi introduce i fiati e un sapore di southern soul come si usava nella Georgia dei fratelli Allman. Un pezzo, anche questo, impregnato di un groove anni ’70, grazie anche al pazzesco la-voro dei cori, dei fiati e dell’organo, che ti prende l’anima e non ti molla facilmente. Allo stesso modo non si dimenticherà il testo che ci parla di violenze famigliari nascoste in una vita normale, una storia come se ne sentono troppe nella vita reale che arriverà però ad una conclusione ‘positiva’: “Perché la mamma non piange da quando papà se n’è andato”. Si intuisce fra le righe (o almeno io l’ho fatto) la soddisfazione di un figlio che tornato dalla brutture della guerra in Iraq, nelle quali era finito per fuggire alla violenza famigliare, risolve questa situazione diventata insostenibile per la madre.
Il suono delle chitarre e l’assolo sono gioia per le orecchie, penso che attualmente il duo Jeffers-Tate abbia pochi rivali nel panorama rock, incisivo e mai inutilmente prolisso, non si sfocia mai in una jam senza fine, ma il tutto è sempre finalizzato ad arricchire il brano di pathos e intensità.

E vogliamo parlare della sezione ritmica di Gleaves e Hogg? Un martello pneumatico che incalza senza sosta. Senza dimenticare il talento di Tony Kent alle tastiere.

Feet’s è farvi credere che la band più gloriosa e sfortunata del southern rock degli anni ‘70 non se ne sia mai andata, una scatenata corsa sulle strade che furono calcate da Ronnie Van Zant e dai suoi Lynyrd Skynyrd. Signori non esiste sulla terra un’altra band che ha il potere di suonare il passato, ma farlo sembrare appena arrivato sulla Terra. Questo brano potrebbe entrare nei libri di scuola di oggi alla voce “southern rock”. I riff sono assassini, la voce è intensa, rock e i cori della McRary Sisters un dono del Cielo, l’assolo poi è una scossa elettrica nella schiena.

John Jeffers è uno dei chitarristi più talentuosi oggi, ma anche un grande cantautore e un ottimo cantante; ce lo dimostra in Whole World Gone Crazy. Un pezzo di blues rock, trascinato su strade polverose e con un testo così dannatamente attuale che ti fa venire voglia di urlarlo a squarciagola al mondo. Jeffers delizierà gli ascoltatori anche qualche canzone più avanti, con la splendida ballata Heavy On Me. Ci racconterà del peso di un giovane che fa i conti con le responsabilità di padre di famiglia, con fatica. Il ritornello è un’esplosione rock che innalza l’intensità, mentre il soul fa sempre capolino nei cori, portando un po’ di Alabama in Texas.

For The Kids sarà la più discussa per i suoi temi scottanti, una coppia che non si ama più, ma resta insieme per il bene dei bambini. Il brano è una ballata rock maestosa, con arrangiamenti da leccarsi i baffi, la prestazione alla voce di Cody Cannon è eccezionale e il pezzo potrebbe diventare un’altra “Stone”, i sentimenti e le emozioni che scatena sono gli stessi. Capolavoro, anche di produzione. Qualcuno dovrebbe prendere lezioni da questi ragazzi che si auto-producono come fosse la cosa più normale del mondo e risultano migliori di tanti produttori rinomati. (per inciso sono anche fantastici scopritori di talenti, seguiteli nei Festival che organizzano, Firewater e Wiggy Thump, e scoprirete nuove band da amare, fine inciso.)

In Texas conoscono bene i riff di chitarra sporchi inseriti in pezzi dal groove che non molla le ossa fino a scuoterle, c’era una piccola vecchia band che era maestra in queste cose e che ora ha trovato degli eredi a cui passare il testimone, The Wolf è elettrizzante come un pezzo degli ZZ Top degli anni d’oro, ma poi è inserita in un brano entusiasmante che si snoda fra il soul e il rock and roll del Sud dove il testo non fa prigionieri.

Questi ragazzi vengono dal nulla, sono figli della classe lavoratrice , non avessero fatto i musicisti sarebbero diventati dei blue collar, anzi lo sono ancora e sono fieri di esserlo, come i loro fans. Per loro il rock and roll è solo un modo come un altro per portare a casa il pane e Cody Cannon ce lo dice senza mezzi termini. Un manifesto che è, forse, uno dei migliori brani mai registrati dai Whiskey Myers. Gli assoli poi sono di una bellezza scintillante.
Vi avevo parlato del talento di Aaron Raitiere (qui la recensione del suo esordio: http://ticinonotizie.it/aaron-raitiere-single-wide-dreamer-2022-by-trex-roads/ ), ecco in Mission To Mars scrive con Cody Cannon un pezzo stupendo, che corre su binari country rock, un sapore dei dischi passati che il soul immerge nel nuovo “mondo Whiskey Myers”, con sprazzi di rock and roll come si usava a Memphis qualche anno fa. Menzione per il testo, uno dei miei preferiti, che ci parla di un uomo povero che vuole fare la sua missione per Marte, un moderno Han So-lo, che vuole scappare a suo modo da questo mondo che riserva solo dolori. L’assolo è da far tremare i denti.

Manca qualche genere dei Padri? Ah sì il blues! Ecco arrivare Bad Medicine, che sia nel testo che nella musica, attinge a piene mani nella tradizione blues chitarristica, però il bello delle canzoni dei Whiskey Myers è il non essere statiche e ci si ritrova poi in un brano rock di strada immerso nel soul di Motown. Pazzesco.
Un brano splendido che termina con altri assoli eccezionali, da segnare nei libri di Storia del rock.
Non avrei voluto essere così prolisso, ma davvero avrei fatto fatica a non parlarvi anche delle due canzoni finali: Other Side è rock, un sapore di hard rock anni ’90 fa capolino, il suono della chitarra ricorda molto quel periodo, ma il testo, amici miei, è pura poesia, ha in sé quel sentimento che aveva “Simple Man” dei Lynyrd Skynyrd, la forza narrativa è la stessa.
Infine il disco si chiude con una ballata acustica che la voce intensa di Cannon rende perfetta, Heart of Stone è un vero gioiello in cui il testo al solito è di una bellezza disarmante, si fonde con la musica e ci lascia con queste parole che si risuonano nelle orecchie:

“Ma sto imparando ad amare / Sto imparando a conoscere il Signore che sta sopra / Sto imparando che mi sta dando più di qualsiasi cosa io possa sognare / Sto imparando a pregare un po’ di più ogni giorno / Sto imparando ad accettare le cose di me che non posso cambiare / E vado avanti con un cuore di pietra e mani callose”.

 

Un album che vi farà premere ripeti tantissime volte, un viaggio entusiasmante attraverso la musica americana di qualità.

Un lavoro eccitante, coinvolgente, fresco, antico, ma nuovo, incisivo e mai banale e lasciatemelo urlare: liricamente emozionante. Se nei precedenti dischi li avete amati, ora li adorerete. Se invece non li conoscete, non vi faccio perdere altro tempo, partendo da Tornillo, andate a ritroso ad ascoltare tutta la loro eccezionale discografia, per ringraziarmi avrete tempo, mi troverete qui preso ad ascoltare uno dei dischi più emozionanti degli ultimi 30 anni.
Qui un’altra piccola vecchia band del Texas, ha fatto la storia e nulla sarà più come prima.

Buon ascolto,
Claudio Trezzani by Trex Roads www.trexroads.altervista.org
(nel blog trovate la versione inglese di questo articolo a questo link : https://trexroads.altervista.org/tornillo-whiskey-myers-2022-english/ )

 

 

Questo articolo fa parte dell'archivio di Ticino Notizie e potrebbe risultare obsoleto.

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